GIOVANNI BATTISTA
GESU’ E GIOVANNI BATTISTA
Se c’è un punto fermo nella storia di Gesù, questo è l’evento che diede inizio al suo ministero: il battesimo conferitogli da Giovanni Battista.
Della vita del messia precedente a questo momento non conosciamo assolutamente nulla, e per quanto riguarda i cosiddetti Vangeli dell’infanzia sappiamo che non sono certo attendibili sul piano storico, ma che debbono essere considerati come delle pure operazioni di fantasia.
L’incontro con Giovanni appare dunque fondamentale per l’attività di Gesù, e la relazione tra i due accompagna costantemente, seppur con pochi cenni sparsi qua e là, la narrazione evangelica.
Nell’interpretazione cristiana Giovanni è colui che prepara la venuta del Signore, è “Voce di uno che grida nel deserto” (MT 3,3). A questo corrisponde una considerazione di questo personaggio come subordinato a Gesù, e ogni sua attività viene presentata come prefigurante il ministero di costui: ad esempio, il battesimo di Giovanni ha valore in quanto riflesso di quello che conferirà poi Gesù, e viene perciò reinterpretato in base a questo.
Tale operazione è ovviamente fallace, in quanto si perde di vista la natura del ministero del Battista e la si trasforma sul modello di significati cristiani attribuiti a quello di Gesù. Non solo, ma si perde di vista l’ovvietà del processo temporale che lega i due: Giovanni compare sulla scena ben prima di Gesù, il che vuol dire che se c’è qualcuno che ha preso dall’altro, questi è certamente il messia dei cristiani.
Elementi della predicazione di Gesù, e alcuni suoi rituali come il battesimo, discendono chiaramente da Giovanni.
Cominciamo dall’inizio, e cioè dal battesimo che Gesù riceve da Giovanni il Battista: esso è il momento con cui principia il ministero di Gesù e di fatto la sua biografia (i Vangeli dell’infanzia non sono certo attendibili se non in pochissimi particolari generali), e dunque lo si potrebbe definire il punto zero del Cristianesimo.
Ma è anche la testimonianza che la pratica battesimale non nasce con Gesù, ma egli la fa sua da Giovanni, il quale confaceva “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (MC 1,4).
La cosa interessante è che, secondo i Vangeli, egli accoglieva folle intere ed esse “si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.” (MC 1,5).
Secondo GV 3,22-26, dopo esser stato battezzato da Giovanni, Gesù incominciò anch’egli a praticare tale rito insieme ai suoi discepoli e contemporaneamente al Battista, il che sembra fosse mal visto tra i seguaci di quest’ultimo. E’ strano, non perché non debba essere attendibile, che poco più avanti l’autore precisi “sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli” (GV 4,2).
Comunque sia, di fatto in questo momento non si scorgono differenze alcune tra il battesimo di Giovanni e quello di Gesù, e a dir la verità anche nei pochi cenni che i Vangeli danno della predicazione del Battista non vi sono differenze con ciò che dirà poi Gesù. Anche in AT 2,38 si legge che “Pietro disse: “Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo.” ”; come si vede la funzione del battesimo di Gesù è tale e quale a quella del battesimo di Giovanni.
Ma è interessante rilevare che anche in termini di predicazione Giovanni sembra anticipare gli ideali che contraddistingueranno poi il pensiero di Gesù. In LC 3,11 afferma: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto.”; ed ai pubblicani dice: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato.” (LC 3,13); ed ai soldati: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe.” (LC 3,14).
Il legame tra i due dovette essere talmente forte che nei Vangeli li si volle presentare come parenti (l’angelo dice a Maria: “Vedi: anche Elisabetta [madre di Giovanni], tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio” – LC 1,36), il che può anche essere vero ma a Luca preme certamente di sottolinearlo.
Inoltre la nascita di entrambi appare simile, cioè un evento miracoloso voluto da Dio come, in realtà, è piena la Bibbia: si pensi ad Isacco, Sansone, Samuele. Proprio come nel caso di questi ultimi due, Giovanni nasce da madre sterile ed è un nazireo (“poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre” – LC 1,15) .
Egli viene descritto come un asceta, e questo è un elemento piuttosto importante: infatti si legge che “Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.” (LC 1,80); “Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico” (MC 1,6).
Queste informazioni che ci forniscono i Vangeli sono molto significative nell’ambito di una comparazione tra il contesto protocristiano palestinese da essi descritto e quello esseno della comunità di Qumrân, a partire dal riferimento a ciò di cui si cibava il Battista che richiama alla mente il passo di CD, XII,14-15: all’interno di una sezione normativa legata a questioni di purità concernenti vari elementi (dal sabato ai rapporti coi gentili ad, appunto, i cibi), esso si sofferma su di un alimento che sicuramente ordinario non è, le cavallette; precisamente si legge: “Tutte le specie di cavallette saranno messe nel fuoco o nell’acqua mentre sono vive: tale è infatti l’ordine conforme alla loro natura.” .
Anche il riferimento al deserto, ancora una volta, richiama per forza di cose Qumrân, specie pensando a Giuseppe Flavio che parla della pratica essena di accogliere ragazzi a studiare nella comunità. D’altronde, come si può immaginare, e cosa significherebbe che un bambino potesse crescere nel deserto? E’ chiaro che questa non può che essere un’allusione ad un qualche insegnamento spirituale ricevuto da Giovanni “in regioni deserte”, ed è altrettanto chiaro che l’unica seria possibilità a tal proposito è individuabile in Qumrân .
Non si dimentichi, oltretutto, che l’elemento del deserto caratterizza profondamente la predicazione di questo personaggio: “In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea” (MT 3,1); e in merito a ciò si aggiunga anche la celebre associazione con “la via nel deserto” di IS 40,3.
Questo elemento non manca nemmeno in certe immagini di Gesù. Molto particolare è quella del Figlio di Dio che, subito dopo aver ricevuto il battesimo da Giovanni, viene tentato da Satana nel deserto per quaranta giorni: “Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni” (LC 4,1-2). A parte il fatto che, stando al testo, Gesù era solo, e perciò non vi erano testimoni per raccontare l’episodio, è molto probabile che, in realtà, si debba vedere qui il racconto un po’ alterato di una sua prova ascetica, cosa che ricorda ancora una volta il Battista.
I tratti in comune tra i due appaiono molteplici, e come precedentemente asserito si deve ritenere che Gesù discendesse da Giovanni.
Vi sono molti passi dei Vangeli che mostrano Gesù richiamarsi spesso al Battista per acquisire autorità di fronte agli interlocutori del momento.
Negli ultimi giorni prima di morire, Gesù è nel tempio di Gerusalemme ad insegnare; alla domanda dei sacerdoti e degli anziani: “ “Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?”. Gesù rispose: “Vi farò anch’io una domanda e se voi mi risponderete, vi dirò anche con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal Cielo o dagli uomini?” ” (MT 21,23-25).
E’ evidente che tra i due era il Battista a godere di una fama maggiore, se Gesù ha bisogno del suo nome per affermare la legittimità del proprio insegnamento. Che il primo fosse ben famoso è confermato nel prosieguo del passo, dove i sacerdoti risposero “Non lo sappiamo” (MT 21,27) perché “se diciamo: “dagli uomini”, abbiamo timore della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta”.” (MT 21,26) .
In MT 11,11-14 egli arringa le folle parlando di Giovanni: “In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista (…) Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono. La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni. E se lo volete accettare, egli è quell’Elia che deve venire.” .
Nel Vangelo di Marco, si narra che Erode Antipa “sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: “Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui”. Altri invece dicevano: “E’ Elia”; altri dicevano ancora: “E’ un profeta, come uno dei profeti”. Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: “Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!” ” (MC 6,14-16) .
La fama di Giovanni doveva essere talmente grande che vi era chi, avendo a che fare con Gesù, scambiava costui addirittura con lui ritenendolo la sua incarnazione! In ogni caso è da rilevare come apparisse naturale collegare le due figure.
La stessa cosa traspare da MC 8,27-28, in cui Gesù chiede ai discepoli: “ “Chi dice la gente che io sia?”. Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti”.” .
Anche nel IV Vangelo troviamo alcuni passi che arricchiscono questa tematica. Gesù si trova a Gerusalemme, e dice ai Giudei: “c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace. Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità.” (GV 5,32-33) . E in GV 10,40-42: “Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò. Molti andarono da lui e dicevano: “Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero”. E in quel luogo molti credettero in lui.”.
Eppure, nonostante tutto quanto visto fin’ora, i vangeli affermano che costui riconobbe Gesù come più grande di lui e il messia che andava annunciando.
In realtà è molto probabile che questa fu una forzatura degli evangelisti: molti ritengono infatti che, non potendo negare il battesimo ricevuto da Gesù da parte di Giovanni, perché evidentemente ben radicato nella tradizione primitiva, e che segnava indiscutibilmente la maggiore autorità del Battista rispetto al battezzato, si lasciò l’episodio nella narrazione attribuendo però al primo il riconoscimento del secondo come Figlio di Dio, e ribaltando così, se possiamo dire, la gerarchia tra i due.
In realtà i Vangeli testimoniano, contraddicendosi, che anche dopo questo evento Giovanni ebbe dei dubbi riguardo alla funzione di Gesù.
Infatti si legge: “Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?” ” (MT 11,2-3). Questo passo è palesemente in contrasto con la narrazione del battesimo di Gesù e della discesa dello Spirito Santo su di lui, della comprensione di tale evento da parte del Battista e del conseguente riconoscimento in lui del messia, perché è evidente che in realtà Giovanni avesse anche dopo il loro incontro sul Giordano dei dubbi sul ruolo messianico .
E’ molto interessante notare, oltretutto, che tra i discepoli di Giovanni e quelli di Gesù, dato che da un certo momento in poi furono contemporanei, correva anche una certa rivalità, il che è piuttosto strano stando al presunto riconoscimento messianico di Gesù da parte del Battista. Tale rivalità traspare soprattutto in GV 3,22-30, brano nel quale si dice che, dopo aver ricevuto il battesimo di Giovanni, Gesù e i suoi discepoli iniziarono a loro volta a battezzare in Giudea; allora “Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un giudeo riguardo alla purificazione. Andarono perciò da Giovanni e gli dissero: “Rabbi, colui che era con te dall’altra parte del Giordano, e al quale hai reso testimonianza, ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui”.” (3,25-27).
Ma ne troviamo tracce anche in MC 2,18, dove leggiamo: “Allora si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: “Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?” .
La questione della rivalità e dei rapporti controversi tra i due movimenti assume dei connotati inaspettati spostando l’attenzione dal I secolo d. C. ai giorni nostri: lungi dal dover restare entro i limiti delle Scritture neotestamentarie per cercare di capire cosa e chi fosse Gesù, si rivela illuminante l’esame di una setta dell’Iraq meridionale, i Mandei (“Mand_j_”)!
Scopriamo così che essa si ritiene erede dell'insegnamento di Y_h_n_ Yahy_, cioè il Giovanni Battista dei cristiani! Non solo, ma i Mandei ritengono che Y_u Me__h_, cioè Gesù, fosse stato un appartenente del movimento di Giovanni, ma che tradì le sacre dottrine affidategli e divenne così un ribelle e, potremmo dire, un eretico!!! Addirittura essi credono nella missione di una figura, An_sh ‘Uthr_ (“Testimone della vita”) che smaschera Gesù a Gerusalemme e poi sale al cielo.
La cosa è stupefacente: esiste a tutt’oggi una comunità che si ritiene erede dell’insegnamento di Giovanni e che per di più considera chiaramente Gesù come un eretico, ritenendolo, di conseguenza, non certo degno di maggiore autorevolezza rispetto al Battista. Questo conferma quanto abbiamo visto trasparire dai Vangeli nelle righe precedenti. Ma la cosa assume maggior forza approfondendo l’argomento: infatti si scopre che nella letteratura di tale setta si utilizza il vocabolo “n_s_ray_” per indicare gli affiliati, e che una particolare confraternita mandaica è conosciuta col nome di Nazarei!!! Insomma: i Mandei si delineano come direttamente collegati con l’originario contesto a cui appartenne Gesù, senza ombra di dubbio, e questo rende il loro patrimonio culturale non solo degno della massima attenzione, ma anche decisamente attendibile.
Un elemento estremamente interessante a proposito di tutto questo è costituito da LC 11,1-4; in questo passo uno dei suoi discepoli gli rivolge la seguente richiesta: “Signore, insegnaci a pregare come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli.” (11,1), il che induce a pensare, appunto, che Gesù fosse buon conoscitore degli insegnamenti del Battista e che questi fossero evidentemente ritenuti un punto di riferimento, e qui si torna al tema dell’autorevolezza, per il movimento di Gesù. La cosa assume un valore ancora più rilevante quando ci accorgiamo quale preghiera, in seguito a questa richiesta, il maestro insegna loro: il Padre nostro, cioè uno degli elementi più importanti della liturgia cristiana!
Tornando ai Mandei, il loro collegamento coi Nazorei, che abbiamo visto equivalere agli Ebionim, e quindi con Qumrân, induce a confermare l’ipotesi su cui stiamo lavorando riguardo a Gesù: e cioè che egli fu un’emanazione di Qumrân, un suo diretto prodotto che però apportò delle innovazioni in merito alla dottrina, ai simbolismi e ai rituali di quella comunità.
La conferma ci viene dal fatto che i Mandei presentano dei tratti molto affini con Qumrân, a partire dall’origine del loro nome che deriva dal termine aramaico “manda”, che significa “conoscenza segreta” . Sappiamo che l’idea della conoscenza è centrale nei manoscritti del Mar Morto, ed è la chiave di volta che connette nella sua ricerca il giusto a Dio. La concezione del dualismo non perfetto di luce /tenebre è il contesto in cui tale idea viene sviluppata e relazionata con il resto del pensiero qumranico, ed è estremamente interessante riscontrare un’analogia praticamente perfetta nel sistema religioso mandaico. I Mandei concepiscono una divinità suprema, il Mana (“Vita”), da cui dipendono Luce e Tenebre; il mondo delle Tenebre è un’emanazione di Ruha , spirito decaduto che si oppone alla Luce. Da Ur figlio di Ruha sono nati i sette pianeti , i dodici segni dello zodiaco, draghi e demoni, mentre Mana ha generato gli esseri angelici (“m’uthra”) che, unendosi alle Tenebre, hanno dato vita ad Adamo ed Eva.
La discendenza di costoro è così formata da un’anima luminosa contenuta in un corpo tenebroso; la Luce, al fine di far tornare le anime degli uomini in paradiso, ha inviato sulla terra Manda d’Haiyê (“conoscenza della Verità”), il quale ha istruito i credenti per renderli in grado di liberarle (anche il rito funerario ha lo scopo di aiutare il morto a salire verso la Luce). Giovanni Battista viene venerato come colui che ha battezzato proprio Manda d’Haiyê, il salvatore, e come colui che ha istituito la pratica battesimale, che costituisce il rito più importante dei Mandei, e che viene praticato nel nome di Manda d’Haiyê ; esistono due tipi di battesimo: oltre alle abluzioni quotidiane, durante le quali l’affiliato si immerge in acqua corrente, detta “il Giordano”, vi è anche un rituale solenne detto “masboth_” che solitamente viene praticato nelle feste principali; dopodiché l’adepto riceve l’unzione di “Olio della Luce”, ed infine partecipa alla mensa comunitaria (“masiqt_”) a base di pane azzimo consacrato e vino misto acqua, che equivale ad un’anticipazione del banchetto escatologico e che reca con sé un valore di perdono dei peccati e di suffragio per le anime dei morti.
I Mandei praticano l’amore verso ogni tipo di essere, anche se malvagio; tuttavia gli animali, seppur con le dovute regole, possono essere uccisi e mangiati. Infine viene praticata l’elemosina verso i poveri e le anime, ed il matrimonio tra fedeli è obbligatorio. Le donne possono essere sacerdotesse, ma solo dopo aver sposato un sacerdote. I gradi del sacerdozio sono tre: “gand_” (diacono), “tarmidh_” (sacerdote) e “ganzibr_” (tesoriere o vescovo).
Ora, è chiaro che non solo l’impianto di pensiero mandaico è molto affine a quello qumranico, ma lo sono anche certi rituali e certi ideali. I Mandei vengono definiti come un’antichissima forma di gnosticismo, e ciò è sicuramente corretto, data la centralità della conoscenza, dell’illuminazione e, in generale, della visione luce/tenebre. Sicuramente Qumrân, a dispetto di quanti affermano il contrario, presenta forti tratti che potrebbero essere definiti gnostici: solitamente non si considera gnostica la letteratura qumranica (ed a ragione!) perché la nostra idea di gnosticismo non prevede un tale, particolarissimo universo così marcatamente ebraico e dagli elementi tuttavia originalissimi, ma ciò non toglie che importanti aspetti del pensiero qumranico denotino una spiritualità ed un’elaborazione che si sono mosse in direzioni analoghe a certe speculazioni gnostiche.
La cosa interessante, come più volte detto, e come avremo modo di vedere ancora, è che anche l’insegnamento di Gesù, nonché molti scritti neotestamentari, esprimono forti tracce di gnosticismo (si veda soprattutto le tre epistole e il Vangelo attribuiti a Giovanni).
In ogni caso appare evidente che l’elaborazione dottrinale di Gesù non fu una sua originalissima proposta di cui ritenerlo l’unico artefice, ma presenti una relazione complessiva con un contesto che sicuramente già esisteva quando lui entrò sulla scena. Quello che incuriosisce, a questo punto, è cercare d’individuare quali furono le innovazioni, o i “tradimenti” secondo i Mandei, che introdusse Gesù appunto su questa scena. Questo ha a che fare con, e dovrebbe permetterci di comprendere al meglio, quali furono i veri ruoli di figure come Giovanni e Gesù.
Comunque sia, ci stiamo già accorgendo che più approfondiamo questo studio, e più il messia dei cristiani appare sempre meno quello che da duemila anni dicono essere stato.
A PROPOSITO DEI DUE S. GIOVANNI
L’antico simbolismo solstiziale pagano di Giano è stato, ad un certo punto, sostituito da quello cristiano dei due S. Giovanni. Le implicazioni e i significati legati a questo tema sono davvero enormi, per cui ci dovremo, in tale ambito, limitare solo ad alcuni.
Tanto per cominciare bisogna sottolineare come, differentemente dall’apparenza che potrebbe farci accostare il solstizio d’estate alla luce e quello d’inverno all’oscurità, in realtà essi hanno un carattere esattamente opposto dal punto di vista simbolico e, in effetti, non di meno pratico considerando il reale movimento del sole: ciò che infatti raggiunge il suo culmine (solstizio d’estate) può solo decrescere, e ciò che raggiunge il proprio minimo (solstizio d’inverno) può solo aumentare. In altri termini, il primo segna l’inizio della metà discendente dell’anno e il secondo l’inizio di quella ascendente. Questo spiega, dal punto di vista cosmico, l’espressione di S. Giovanni Battista, la cui nascita coincide col solstizio d’estate: “Bisogna che egli cresca (Cristo nato al solstizio d’inverno) e che io diminuisca.” (GV 3,30). Di fatto, comunque, la metà ascendente del ciclo annuale è il periodo “allegro”, cioè benefico o favorevole, e la sua metà discendente il periodo “triste”, cioè malefico o sfavorevole; e lo stesso carattere appartiene naturalmente alla porta solstiziale che apre ciascuno dei due periodi nei quali l’anno risulta diviso dal senso del cammino del sole.
È noto d’altra parte che, nel Cristianesimo, sono le feste dei due S. Giovanni a essere in rapporto diretto con i due solstizi; ed è abbastanza notevole che quel che abbiamo appena analizzato sia in un certo modo espresso dal doppio senso racchiuso nel nome stesso di Giovanni in ebraico. Infatti, la parola hanan, ha sia il senso di benevolenza e di misericordia sia quello di lode; di conseguenza, il nome Jahanan può significare “misericordia di Dio” e anche “lode a Dio”. Ora, è facile rendersi conto che il primo senso pare convenire in modo del tutto particolare a S. Giovanni Battista e il secondo a S. Giovanni Evangelista.; si può dire del resto che la misericordia è evidentemente discendente e la lode ascendente.
Ricorderemo ancora, collegandola più specificamente alle idee di “tristezza” e di “allegria” che indicavamo sopra, la figura folklorica ben nota ma certo in genere poco compresa, di “Giovanni che piange e Giovanni che ride”, la quale è in fondo una rappresentazione equivalente a quella dei due volti di Giano; “Giovanni che piange” è quello che implora la misericordia di Dio, cioè il Battista, e “Giovanni che ride” è quello che gli rivolge delle lodi, cioè l’Evangelista.
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