domenica 25 gennaio 2009

Acque vibrazionali: acque di salute e benessere
di Arianna Mendo (Ass. Uomo Natura Energia di Palau-OT)

Secondo le più recenti conoscenze scientifiche sappiamo oggi che tutte le forze che agiscono sulla natura sono riconducibili ad una forza primaria e da questa derivano: la luce. Sappiamo anche che l’acqua, elemento di cui si compone ogni forma vivente e che è presente nel nostro corpo dal 70% all'80%, ha la capacità di assorbire questa forza primaria: la luce. L'acqua infatti è l'assorbente naturale per eccellenza avendo la capacità di raccogliere in sé qualsiasi materia. Si pensi allo zucchero o al sale, ad esempio, che messi nell'acqua dopo un po' scompaiono cambiando di stato. L'acqua fa in modo che tutto diventi come lei: può cambiare di sapore, se messa invece a contatto con qualcosa di colorato può cambiare di colore, ma resta sempre acqua.
L'acqua ha poi un'altra grande proprietà: lei stessa può cambiare di stato e da solida (il ghiaccio) diventare liquida e poi gassosa e aeriforme. Questa sua versatilità le permette di portare le informazioni dall'alto al basso e viceversa: cade dal cielo sotto forma di pioggia e dopo essere rinata dalla roccia evapora nuovamente verso il cielo.
L'acqua dunque per il fatto di essere duttile e mobile ha la proprietà, nel suo ritmico ciclo terra/cielo, di memorizzare i suoi passaggi di stato e di assorbire le vibrazioni cosmiche e telluriche con cui entra in contatto e di cui si carica.

Le acque vibrazionali sono acque che hanno la proprietà straordinaria di assorbire tutte le frequenze della luce che formano, nel loro insieme, la luce bianca. I colori infatti sono vibrazioni di energia e di luce, ognuno con una sua frequenza ben specifica che influisce in modo diverso sui vari aspetti del corpo, della mente, delle emozioni. Il bianco contiene in sé tutti i colori dello spettro e per questo motivo è sempre stato associato alla purezza, alla positività, a sentimenti di gioia e felicità. Siccome ogni cellula, ogni tessuto, ogni organismo possiede delle vibrazioni che entrano in sintonia con specifiche frequenze di luce, è facile comprendere come assumere quotidianamente un’acqua vibrazionale, che contiene tutte le frequenze, possa aiutare a migliorare lo stato generale di benessere psico-fisico.
Nelle acque vibrazionali è infatti racchiusa l’essenza dell’energia vitale e quindi la possibilità di caricare l’organismo donandogli forza e ripristinando il suo equilibrio energetico, base per il mantenimento di uno stato ottimale di salute. In definitiva, quando si parla di energia dell'acqua si intende il suo potere di vibrazione che entra in risonanza con tutte le dimensioni del nostro essere: dall'organo alla cellula, alle forme pensiero, ai chakra.

DOVE SI TROVANO LE ACQUE VIBRAZIONALI

E' stato appurato che ovunque l'acqua è sia fisicamente che chimicamente uguale, ma è energeticamente diversa a seconda della sua provenienza, in altre parole, contiene in sé vibrazioni diverse. Le acque vibrazionali si trovano in tutti i luoghi dove vi sono acque di sorgente lontane da fonti di inquinamento, in mezzo ad una natura ancora incontaminata. Le acque vibrazionali sono dunque essenzialmente acque sorgive, acque che contengono in sé un ritmo, come un cuore che pulsa. Il ritmo è infatti l’elemento vitale per eccellenza dell’acqua e più essa si può muovere ritmicamente, più resta interiormente viva. L’acqua che può scorrere liberamente tra rocce,meandri ed anfratti è quindi particolarmente viva e ricca di energia, energia che trasmette poi a tutti gli organismi che di essa si nutrono.Nella nostra penisola è facile trovare queste acque di luce perché il nostro Paese è particolarmente ricco di sorgenti, specie nelle zone di montagna o di collina o nelle isole, in particolare in Sardegna, un’isola che possiede un’enorme quantità di rocce e pietre e che, grazie alla sua posizione in mezzo al Mediterraneo e ai forti venti che la percorrono, è potuta rimanere ancora pulita e incontaminata.

BENEFICI DELLE ACQUE VIBRAZIONALI

Non c'è organo del nostro corpo che non contenga acqua: dalle ossa, ai muscoli, ai tessuti. A mano a mano che questa percentuale diminuisce, col passare degli anni, il corpo si asciuga e per questo si formano le rughe. Paradossalmente si può dire che se si riuscisse ad instaurare un rapporto equilibrato ed armonioso con l'acqua potremmo mantenere pressoché invariata la percentuale di acqua presente nel corpo e rimanere fisicamente giovani negli anni. Non c'è niente come una buona acqua che faccia così bene all'organismo e si è riscontrato che l’utilizzo delle acque vibrazionali aiuta a:

-Riequilibrare e fortificare l’organismo eliminando sensazioni di stanchezza e svogliatezza.

- Depurare l’organismo ripulendo l’intestino, il fegato ed i reni.

- Aumentare la resistenza, rafforzando il sistema immunitario.

- Stimolare l’effetto diuretico.

- Facilitare la digestione.

- Migliorare l’aspetto della pelle.

- Rendere i capelli più sani e più forti.

- Migliorare il funzionamento del sistema circolatorio.

- Recuperare più rapidamente le forze durante la convalescenza.

- Non far ristagnare i fluidi presenti nel corpo prevenendo la

formazione della cellulite.

IL TRATTAMENTO IDROFREQUENZIALE

Per poter ottenere i migliori benefici dall’assunzione di un’acqua vibrazionale, l’utilizzo più indicato è quello di un trattamento di 28 giorni associato ad una dieta. La durata della terapia compresa in un ciclo di 28 giorni si spiega con il fatto di essere associata al ritmo lunare in una ricerca volta a ritrovare un collegamento più stretto con la natura e con l’ambiente circostante. In una società come quella attuale, compressa fra ritmi sempre più frenetici e stressanti, si tratta di riscoprire ritmi perduti che ci permettano di trovare benessere ed armonia mettendoci in sintonia con la natura.
Il trattamento idrofrequenziale prevede così l’assunzione dell’acqua vibrazionale 4 volte al giorno seguendo i ritmi naturali come quelli delle maree e delle stagioni dell’anno.

Tabella di utilizzo delle acque vibrazionali:

Momento Dosi Effetto su

mattino 1 bicchiere stomaco, milza, pancreas
(appena ci si alza)

mezzogiorno 1 bicchiere cuore, intestino

pomeriggio 1 bicchiere vescica, reni

sera
(prima di coricarsi) 1 bicchiere vie biliari, fegato

SUGGERIMENTI ALIMENTARI DI SUPPORTO ALLA TERAPIA IDROFREQUENZIALE

Adottare un regime alimentare il più sano possibile per tutta la durata della terapia idrofrequenziale costituisce un supporto pressoché indispensabile per ottenere risultati migliori. Ecco dunque alcuni semplici accorgimenti alimentari:

- Si distribuisca il cibo in tre momenti della giornata: mattino,

mezzogiorno, sera.

- Si mastichi molto lentamente, gustando il sapore dei cibi.

- Si tenda a prediligere i cibi freschi e di stagione: frutta e verdura locali, legumi, cereali integrali, pane integrale, pasta e riso preferibilmente integrali, miglio, mais, orzo, segale, avena, grano saraceno, latte, yogurt, ricotta, formaggi freschi.

- Si bevano tisane addolcite con miele o malto d’orzo.

- Si condisca con olio extra-vergine di oliva o con olio di sesamo, mais o girasole spremuti a freddo e con sale marino integrale.

- Si evitino i cibi precotti, preconfezionati o surgelati.

- Si evitino carni, zuccheri, spezie, superalcolici, fumo.

- Si eviti l’abuso di farmaci.


Al termine del ciclo di 28 giorni di assunzione delle acque vibrazionali, volendo, si può riprendere l’uso di alimenti come carni o zuccheri o prodotti surgelati e si può al tempo stesso continuare tranquillamente a bere giornalmente i bicchieri di acqua vibrazionale.

COME SI RIPRODUCE UN’ACQUA VIBRAZIONALE

Si è detto prima che l'acqua è in grado di ricordare, di memorizzare. Per poter seguire il trattamento idrofrequenziale si approfitti allora di un momento libero per fare un po’ di trekking o una passeggiata e andare in una zona di montagna o di campagna dove si trova un’acqua sorgiva. Si prenda con sé qualche bottiglia o dei contenitori e si riempiano con l’acqua di sorgente che poi verrà portata a casa.
L’acqua vibrazionale si può però anche riprodurre. Il procedimento è davvero semplice e risparmia la fatica di dover riempire tante e tante bottiglie. In questo caso è sufficiente portarsi una sola bottiglia di vetro e riempirla con l’acqua della fonte. Una volta a casa, si prelevino con un contagocce 9 gocce dell’acqua vibrazionale e si versino in un litro di acqua di rubinetto o di un’acqua minerale naturale. Si lasci quindi riposare il tutto per 24 ore, meglio ancora se in un angolo esposto ai raggi del sole. Dal momento che l’acqua contiene una sua memoria, vi sarà entro le 24 ore il passaggio dell’informazione e l’acqua, diciamo così normale, diverrà automaticamente un’acqua vibrazionale.

ALCUNI CONSIGLI UTILI

- I cibi cucinati facendo uso di un’acqua vibrazionale migliorano la loro qualità, apportano maggiore energia all’organismo e favoriscono una buona digestione.

- Le acque vibrazionali potenziano i rimedi. Un semplice rimedio erboristico, una tisana o i fiori del dott. Bach con l’aggiunta di poche gocce di un’acqua vibrazionale, assumono un’azione terapeutica amplificata.

- Un qualsiasi farmaco viene potenziato nel suo raggio d’azione e, allo stesso tempo, ne viene eliminata la sua tossicità se preso con un’acqua vibrazionale.

-Lavarsi il viso con l’aggiunta di alcune gocce di un’acqua vibrazionale aiuta ad eliminare punti neri e brufoli.

- Aggiungere qualche goccia di un’acqua vibrazionale nell’acqua di risciacquo dei capelli li rende più lucidi e voluminosi.

- Risciacquarsi la bocca con un’acqua vibrazionale aiuta nell’eliminazione di batteri. L’alito risulterà più fresco e lo smalto dei denti più pulito e smagliante, le gengive più sane.

- Lavare le verdure e la frutta con un’acqua di luce ne assicura una pulizia più profonda.


ACQUE VIBRAZIONALI E MOMENTI ZODIACALI

Per via delle sue possibilità di ricezione e di memorizzazione, l'acqua è in grado di caricarsi anche delle qualità di un determinato momento cosmico. In pratica l'acqua cambia quando dal punto di vista astronomico avviene un qualche avvenimento come un novilunio, un plenilunio o il passaggio da una costellazione dello zodiaco ad un'altra. Perché cambia? Perché durante i vari momenti cosmici avviene un cambiamento energetico e l'acqua può fotografare questi momenti, memorizzarli e rilasciarli.
I segni zodiacali filtrano l'energia cosmica in dodici spicchi che evidenzia dodici momenti dell'anno creando dodici diversi modelli caratteriali. Così, nello stesso modo, questa energia zodiacale può influenzare l'acqua e cambiare le sue vibrazioni. Se si espone dell'acqua all'influsso diretto degli astri nei momenti in cui avvengono speciali ondate di energia essa si caricherà di quelle determinate qualità.

SINTONIZZARSI CON LE ENERGIE COSMICHE
Il modo migliore per sintonizzarsi con l'energia cosmica dei vari momenti zodiacali è quello di esporre l'acqua ai raggi lunari. La Luna simbolicamente, secondo lo studio degli influssi celesti, è sempre stata associata infatti all'acqua perché ambedue hanno proprietà ricettive. La Luna riceve i raggi del sole ed è illuminata pertanto di riflesso. Per questo connubio tra acqua e Luna a quest'ultima sono collegati i ritmi dei fluidi come, ad esempio, il ciclo mestruale delle donne e il movimento della bassa e dell’alta marea.
Per caricare l'acqua, occorrerà allora prendere una ciotola, riempirla con acqua minerale naturale o con un'acqua sorgiva o con l'acqua del rubinetto di casa se è sufficientemente buona ed esporla per un'intera notte ai raggi lunari o nel momento del novilunio o in quello del plenilunio di ogni mese (un buon calendario riporta sempre le fasi lunari). Si sceglierà il novilunio nel caso in cui si senta l'esigenza di caricarsi con un'energia più forte, decisa, grintosa mentre si sceglierà il plenilunio se si avvertirà l'esigenza di caricarsi con un'energia soprattutto dolce, ricettiva, femminile.
Dopodiché si assumerà l'acqua così caricata giornalmente nella quantità di 3 gocce 4 volte al giorno (mattino, mezzogiorno, pomeriggio, sera) per tutto il dato periodo zodiacale. Così facendo l'acqua lavorerà interiormente e si rimarrà in sintonia, in risonanza con l'energia del momento zodiacale permettendo di assorbirne le qualità. La tabella che segue indica questi momenti e le qualità corrispondenti.

INFLUENZE DELLE ENERGIE COSMICHE

Periodo Qualità che potenzia Parti del corpo che vengono equilibrate

20/3- 20/4 Ariete entusiasmo, coraggio testa compresi occhi, naso, orecchie

21/4-21/5 Toro concretezza, pazienza collo, gola

22/5-21/6 Gemelli versatilità, comunicazione braccia, mani, bronchi, polmoni

22/6-23/7 Cancro sensibilità, immaginazione stomaco, seno

24/7-23/8 Leone vitalità, estroversione schiena, cuore

24/8- 23/9 Vergine discriminazione, essenzialità ventre, intestino

24/9-23/10 Bilancia diplomazia, equilibrio reni, regione lombare

24/10- 22/11 Scorpione tenacia, lucidità organi genitali

23/11-21/12 Sagittario ottimismo, sincerità cosce, fegato

22/12- 20/1 Capricorno affidabilità, autodisciplina ginocchia, denti, articolazioni

21/1- 19/2 Acquario indipendenza, originalità caviglie, polpacci, sistema nervoso

20/2-20/3 Pesci intuizione, creatività piedi, bronchi, polmoni

Seguendo questo ciclo annuale si avrà così modo di equilibrare tutte le parti dell'organismo, di far emergere le qualità essenziali che aiutano a vivere in maniera più armoniosa e a ritrovare, attraverso l'acqua, i ritmi perduti e un contatto più profondo con la naturalità.

PER SAPERNE DI PIU'

Enza Ciccolo, “Acqua d’amore”, Edizioni Mediterranee e “Verso l’Unità Cosmo”. la Rosa Editrice;
Maria Laura Fois, “Alimentarsi secondo natura. I ritmi perduti”, edito in proprio;
Gigi Capriolo, Alessandra d'Elia, "L'energia segreta delle acque", Xenia Edizioni;
Dott. Gerber, "Medicina vibrazionale", Lampis edizioni.
“erbe di San Giovanni “
Le piante di San Giovanni usate in Sardegna nella tradizione popolare

-Incenso (Boswellia carterii Birdw. )
-Felce maschio ( Dryopteris filix mas )
-Felce femmina (Athyrium filix femina )
-Oleandro ( Nerium oleander L.)
-Pervinca sarda Vinca sardoa (Stearn ) Pignatti
-Erba luigia Lippia triphylla ( L'Her )O.Kuntze
-Vite (Vitis vinifera L.)
-Caprifoglio mediterraneo ( Lonicera )
-Sambuco (Sambucus nigra)
-Garofano ( Dianthus caryophyllus)
-Achillea
-Artemisia (Arthemisia vulgaris) -(Arthemisia absinthium)
-Calcatrepolo (Eryngium campestre)
-Cardo mariano (Silybum marianum)
-cardo benedetto (Cnicus Benedictus)
-Carciofo selvatico ( Cynara Cardunculus)
-Elicriso (Helicrysum Italicum)
-Camomilla (Matricaria Chamomilla)
-Scuderi angustifolio ( Phagnalon saxatile )
-Cicerbita ( Sonchus sp. Pl . )
-Giunchetto ( Holoschienus )
-Corbezzolo
-Quercia
-Canna comune ( Arundo donax L. )
-Iperico (Hypericum perforatum)
-Noce
-Menta (Mentha Pulegium)
-Origano
-Rosmarino ( Rosmarinus Officinalis)
-Timo
-Alloro
-Ginestra di spagna (Spartium )
-Cipolla ( Allium cepa)
-Aglio (Allium sativum)
-Pungitopo
-Altea
-Malva
-Malvone
-Fico selvatico
-Mirto
-Papavero
-Alaterno
-Melo
-Mandorlo
-Pesco
-Rosa canina
-Rosa
-Limone
-Arancio
-Ruta (Ruta graveolens)
-Digitale
-Verbasco
-Ferula
-Pero selvatico

Giovanni Battista

GIOVANNI BATTISTA


GESU’ E GIOVANNI BATTISTA

Se c’è un punto fermo nella storia di Gesù, questo è l’evento che diede inizio al suo ministero: il battesimo conferitogli da Giovanni Battista.
Della vita del messia precedente a questo momento non conosciamo assolutamente nulla, e per quanto riguarda i cosiddetti Vangeli dell’infanzia sappiamo che non sono certo attendibili sul piano storico, ma che debbono essere considerati come delle pure operazioni di fantasia.
L’incontro con Giovanni appare dunque fondamentale per l’attività di Gesù, e la relazione tra i due accompagna costantemente, seppur con pochi cenni sparsi qua e là, la narrazione evangelica.
Nell’interpretazione cristiana Giovanni è colui che prepara la venuta del Signore, è “Voce di uno che grida nel deserto” (MT 3,3). A questo corrisponde una considerazione di questo personaggio come subordinato a Gesù, e ogni sua attività viene presentata come prefigurante il ministero di costui: ad esempio, il battesimo di Giovanni ha valore in quanto riflesso di quello che conferirà poi Gesù, e viene perciò reinterpretato in base a questo.
Tale operazione è ovviamente fallace, in quanto si perde di vista la natura del ministero del Battista e la si trasforma sul modello di significati cristiani attribuiti a quello di Gesù. Non solo, ma si perde di vista l’ovvietà del processo temporale che lega i due: Giovanni compare sulla scena ben prima di Gesù, il che vuol dire che se c’è qualcuno che ha preso dall’altro, questi è certamente il messia dei cristiani.
Elementi della predicazione di Gesù, e alcuni suoi rituali come il battesimo, discendono chiaramente da Giovanni.

Cominciamo dall’inizio, e cioè dal battesimo che Gesù riceve da Giovanni il Battista: esso è il momento con cui principia il ministero di Gesù e di fatto la sua biografia (i Vangeli dell’infanzia non sono certo attendibili se non in pochissimi particolari generali), e dunque lo si potrebbe definire il punto zero del Cristianesimo.
Ma è anche la testimonianza che la pratica battesimale non nasce con Gesù, ma egli la fa sua da Giovanni, il quale confaceva “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (MC 1,4).
La cosa interessante è che, secondo i Vangeli, egli accoglieva folle intere ed esse “si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.” (MC 1,5).
Secondo GV 3,22-26, dopo esser stato battezzato da Giovanni, Gesù incominciò anch’egli a praticare tale rito insieme ai suoi discepoli e contemporaneamente al Battista, il che sembra fosse mal visto tra i seguaci di quest’ultimo. E’ strano, non perché non debba essere attendibile, che poco più avanti l’autore precisi “sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli” (GV 4,2).
Comunque sia, di fatto in questo momento non si scorgono differenze alcune tra il battesimo di Giovanni e quello di Gesù, e a dir la verità anche nei pochi cenni che i Vangeli danno della predicazione del Battista non vi sono differenze con ciò che dirà poi Gesù. Anche in AT 2,38 si legge che “Pietro disse: “Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo.” ”; come si vede la funzione del battesimo di Gesù è tale e quale a quella del battesimo di Giovanni.
Ma è interessante rilevare che anche in termini di predicazione Giovanni sembra anticipare gli ideali che contraddistingueranno poi il pensiero di Gesù. In LC 3,11 afferma: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto.”; ed ai pubblicani dice: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato.” (LC 3,13); ed ai soldati: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe.” (LC 3,14).
Il legame tra i due dovette essere talmente forte che nei Vangeli li si volle presentare come parenti (l’angelo dice a Maria: “Vedi: anche Elisabetta [madre di Giovanni], tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio” – LC 1,36), il che può anche essere vero ma a Luca preme certamente di sottolinearlo.

Inoltre la nascita di entrambi appare simile, cioè un evento miracoloso voluto da Dio come, in realtà, è piena la Bibbia: si pensi ad Isacco, Sansone, Samuele. Proprio come nel caso di questi ultimi due, Giovanni nasce da madre sterile ed è un nazireo (“poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre” – LC 1,15) .
Egli viene descritto come un asceta, e questo è un elemento piuttosto importante: infatti si legge che “Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.” (LC 1,80); “Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico” (MC 1,6).
Queste informazioni che ci forniscono i Vangeli sono molto significative nell’ambito di una comparazione tra il contesto protocristiano palestinese da essi descritto e quello esseno della comunità di Qumrân, a partire dal riferimento a ciò di cui si cibava il Battista che richiama alla mente il passo di CD, XII,14-15: all’interno di una sezione normativa legata a questioni di purità concernenti vari elementi (dal sabato ai rapporti coi gentili ad, appunto, i cibi), esso si sofferma su di un alimento che sicuramente ordinario non è, le cavallette; precisamente si legge: “Tutte le specie di cavallette saranno messe nel fuoco o nell’acqua mentre sono vive: tale è infatti l’ordine conforme alla loro natura.” .

Anche il riferimento al deserto, ancora una volta, richiama per forza di cose Qumrân, specie pensando a Giuseppe Flavio che parla della pratica essena di accogliere ragazzi a studiare nella comunità. D’altronde, come si può immaginare, e cosa significherebbe che un bambino potesse crescere nel deserto? E’ chiaro che questa non può che essere un’allusione ad un qualche insegnamento spirituale ricevuto da Giovanni “in regioni deserte”, ed è altrettanto chiaro che l’unica seria possibilità a tal proposito è individuabile in Qumrân .
Non si dimentichi, oltretutto, che l’elemento del deserto caratterizza profondamente la predicazione di questo personaggio: “In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea” (MT 3,1); e in merito a ciò si aggiunga anche la celebre associazione con “la via nel deserto” di IS 40,3.
Questo elemento non manca nemmeno in certe immagini di Gesù. Molto particolare è quella del Figlio di Dio che, subito dopo aver ricevuto il battesimo da Giovanni, viene tentato da Satana nel deserto per quaranta giorni: “Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni” (LC 4,1-2). A parte il fatto che, stando al testo, Gesù era solo, e perciò non vi erano testimoni per raccontare l’episodio, è molto probabile che, in realtà, si debba vedere qui il racconto un po’ alterato di una sua prova ascetica, cosa che ricorda ancora una volta il Battista.

I tratti in comune tra i due appaiono molteplici, e come precedentemente asserito si deve ritenere che Gesù discendesse da Giovanni.
Vi sono molti passi dei Vangeli che mostrano Gesù richiamarsi spesso al Battista per acquisire autorità di fronte agli interlocutori del momento.
Negli ultimi giorni prima di morire, Gesù è nel tempio di Gerusalemme ad insegnare; alla domanda dei sacerdoti e degli anziani: “ “Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?”. Gesù rispose: “Vi farò anch’io una domanda e se voi mi risponderete, vi dirò anche con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal Cielo o dagli uomini?” ” (MT 21,23-25).
E’ evidente che tra i due era il Battista a godere di una fama maggiore, se Gesù ha bisogno del suo nome per affermare la legittimità del proprio insegnamento. Che il primo fosse ben famoso è confermato nel prosieguo del passo, dove i sacerdoti risposero “Non lo sappiamo” (MT 21,27) perché “se diciamo: “dagli uomini”, abbiamo timore della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta”.” (MT 21,26) .
In MT 11,11-14 egli arringa le folle parlando di Giovanni: “In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista (…) Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono. La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni. E se lo volete accettare, egli è quell’Elia che deve venire.” .
Nel Vangelo di Marco, si narra che Erode Antipa “sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: “Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui”. Altri invece dicevano: “E’ Elia”; altri dicevano ancora: “E’ un profeta, come uno dei profeti”. Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: “Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!” ” (MC 6,14-16) .

La fama di Giovanni doveva essere talmente grande che vi era chi, avendo a che fare con Gesù, scambiava costui addirittura con lui ritenendolo la sua incarnazione! In ogni caso è da rilevare come apparisse naturale collegare le due figure.
La stessa cosa traspare da MC 8,27-28, in cui Gesù chiede ai discepoli: “ “Chi dice la gente che io sia?”. Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti”.” .
Anche nel IV Vangelo troviamo alcuni passi che arricchiscono questa tematica. Gesù si trova a Gerusalemme, e dice ai Giudei: “c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace. Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità.” (GV 5,32-33) . E in GV 10,40-42: “Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò. Molti andarono da lui e dicevano: “Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero”. E in quel luogo molti credettero in lui.”.
Eppure, nonostante tutto quanto visto fin’ora, i vangeli affermano che costui riconobbe Gesù come più grande di lui e il messia che andava annunciando.
In realtà è molto probabile che questa fu una forzatura degli evangelisti: molti ritengono infatti che, non potendo negare il battesimo ricevuto da Gesù da parte di Giovanni, perché evidentemente ben radicato nella tradizione primitiva, e che segnava indiscutibilmente la maggiore autorità del Battista rispetto al battezzato, si lasciò l’episodio nella narrazione attribuendo però al primo il riconoscimento del secondo come Figlio di Dio, e ribaltando così, se possiamo dire, la gerarchia tra i due.
In realtà i Vangeli testimoniano, contraddicendosi, che anche dopo questo evento Giovanni ebbe dei dubbi riguardo alla funzione di Gesù.
Infatti si legge: “Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?” ” (MT 11,2-3). Questo passo è palesemente in contrasto con la narrazione del battesimo di Gesù e della discesa dello Spirito Santo su di lui, della comprensione di tale evento da parte del Battista e del conseguente riconoscimento in lui del messia, perché è evidente che in realtà Giovanni avesse anche dopo il loro incontro sul Giordano dei dubbi sul ruolo messianico .
E’ molto interessante notare, oltretutto, che tra i discepoli di Giovanni e quelli di Gesù, dato che da un certo momento in poi furono contemporanei, correva anche una certa rivalità, il che è piuttosto strano stando al presunto riconoscimento messianico di Gesù da parte del Battista. Tale rivalità traspare soprattutto in GV 3,22-30, brano nel quale si dice che, dopo aver ricevuto il battesimo di Giovanni, Gesù e i suoi discepoli iniziarono a loro volta a battezzare in Giudea; allora “Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un giudeo riguardo alla purificazione. Andarono perciò da Giovanni e gli dissero: “Rabbi, colui che era con te dall’altra parte del Giordano, e al quale hai reso testimonianza, ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui”.” (3,25-27).
Ma ne troviamo tracce anche in MC 2,18, dove leggiamo: “Allora si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: “Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?” .

La questione della rivalità e dei rapporti controversi tra i due movimenti assume dei connotati inaspettati spostando l’attenzione dal I secolo d. C. ai giorni nostri: lungi dal dover restare entro i limiti delle Scritture neotestamentarie per cercare di capire cosa e chi fosse Gesù, si rivela illuminante l’esame di una setta dell’Iraq meridionale, i Mandei (“Mand_j_”)!
Scopriamo così che essa si ritiene erede dell'insegnamento di Y_h_n_ Yahy_, cioè il Giovanni Battista dei cristiani! Non solo, ma i Mandei ritengono che Y_u Me__h_, cioè Gesù, fosse stato un appartenente del movimento di Giovanni, ma che tradì le sacre dottrine affidategli e divenne così un ribelle e, potremmo dire, un eretico!!! Addirittura essi credono nella missione di una figura, An_sh ‘Uthr_ (“Testimone della vita”) che smaschera Gesù a Gerusalemme e poi sale al cielo.
La cosa è stupefacente: esiste a tutt’oggi una comunità che si ritiene erede dell’insegnamento di Giovanni e che per di più considera chiaramente Gesù come un eretico, ritenendolo, di conseguenza, non certo degno di maggiore autorevolezza rispetto al Battista. Questo conferma quanto abbiamo visto trasparire dai Vangeli nelle righe precedenti. Ma la cosa assume maggior forza approfondendo l’argomento: infatti si scopre che nella letteratura di tale setta si utilizza il vocabolo “n_s_ray_” per indicare gli affiliati, e che una particolare confraternita mandaica è conosciuta col nome di Nazarei!!! Insomma: i Mandei si delineano come direttamente collegati con l’originario contesto a cui appartenne Gesù, senza ombra di dubbio, e questo rende il loro patrimonio culturale non solo degno della massima attenzione, ma anche decisamente attendibile.
Un elemento estremamente interessante a proposito di tutto questo è costituito da LC 11,1-4; in questo passo uno dei suoi discepoli gli rivolge la seguente richiesta: “Signore, insegnaci a pregare come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli.” (11,1), il che induce a pensare, appunto, che Gesù fosse buon conoscitore degli insegnamenti del Battista e che questi fossero evidentemente ritenuti un punto di riferimento, e qui si torna al tema dell’autorevolezza, per il movimento di Gesù. La cosa assume un valore ancora più rilevante quando ci accorgiamo quale preghiera, in seguito a questa richiesta, il maestro insegna loro: il Padre nostro, cioè uno degli elementi più importanti della liturgia cristiana!
Tornando ai Mandei, il loro collegamento coi Nazorei, che abbiamo visto equivalere agli Ebionim, e quindi con Qumrân, induce a confermare l’ipotesi su cui stiamo lavorando riguardo a Gesù: e cioè che egli fu un’emanazione di Qumrân, un suo diretto prodotto che però apportò delle innovazioni in merito alla dottrina, ai simbolismi e ai rituali di quella comunità.

La conferma ci viene dal fatto che i Mandei presentano dei tratti molto affini con Qumrân, a partire dall’origine del loro nome che deriva dal termine aramaico “manda”, che significa “conoscenza segreta” . Sappiamo che l’idea della conoscenza è centrale nei manoscritti del Mar Morto, ed è la chiave di volta che connette nella sua ricerca il giusto a Dio. La concezione del dualismo non perfetto di luce /tenebre è il contesto in cui tale idea viene sviluppata e relazionata con il resto del pensiero qumranico, ed è estremamente interessante riscontrare un’analogia praticamente perfetta nel sistema religioso mandaico. I Mandei concepiscono una divinità suprema, il Mana (“Vita”), da cui dipendono Luce e Tenebre; il mondo delle Tenebre è un’emanazione di Ruha , spirito decaduto che si oppone alla Luce. Da Ur figlio di Ruha sono nati i sette pianeti , i dodici segni dello zodiaco, draghi e demoni, mentre Mana ha generato gli esseri angelici (“m’uthra”) che, unendosi alle Tenebre, hanno dato vita ad Adamo ed Eva.
La discendenza di costoro è così formata da un’anima luminosa contenuta in un corpo tenebroso; la Luce, al fine di far tornare le anime degli uomini in paradiso, ha inviato sulla terra Manda d’Haiyê (“conoscenza della Verità”), il quale ha istruito i credenti per renderli in grado di liberarle (anche il rito funerario ha lo scopo di aiutare il morto a salire verso la Luce). Giovanni Battista viene venerato come colui che ha battezzato proprio Manda d’Haiyê, il salvatore, e come colui che ha istituito la pratica battesimale, che costituisce il rito più importante dei Mandei, e che viene praticato nel nome di Manda d’Haiyê ; esistono due tipi di battesimo: oltre alle abluzioni quotidiane, durante le quali l’affiliato si immerge in acqua corrente, detta “il Giordano”, vi è anche un rituale solenne detto “masboth_” che solitamente viene praticato nelle feste principali; dopodiché l’adepto riceve l’unzione di “Olio della Luce”, ed infine partecipa alla mensa comunitaria (“masiqt_”) a base di pane azzimo consacrato e vino misto acqua, che equivale ad un’anticipazione del banchetto escatologico e che reca con sé un valore di perdono dei peccati e di suffragio per le anime dei morti.

I Mandei praticano l’amore verso ogni tipo di essere, anche se malvagio; tuttavia gli animali, seppur con le dovute regole, possono essere uccisi e mangiati. Infine viene praticata l’elemosina verso i poveri e le anime, ed il matrimonio tra fedeli è obbligatorio. Le donne possono essere sacerdotesse, ma solo dopo aver sposato un sacerdote. I gradi del sacerdozio sono tre: “gand_” (diacono), “tarmidh_” (sacerdote) e “ganzibr_” (tesoriere o vescovo).
Ora, è chiaro che non solo l’impianto di pensiero mandaico è molto affine a quello qumranico, ma lo sono anche certi rituali e certi ideali. I Mandei vengono definiti come un’antichissima forma di gnosticismo, e ciò è sicuramente corretto, data la centralità della conoscenza, dell’illuminazione e, in generale, della visione luce/tenebre. Sicuramente Qumrân, a dispetto di quanti affermano il contrario, presenta forti tratti che potrebbero essere definiti gnostici: solitamente non si considera gnostica la letteratura qumranica (ed a ragione!) perché la nostra idea di gnosticismo non prevede un tale, particolarissimo universo così marcatamente ebraico e dagli elementi tuttavia originalissimi, ma ciò non toglie che importanti aspetti del pensiero qumranico denotino una spiritualità ed un’elaborazione che si sono mosse in direzioni analoghe a certe speculazioni gnostiche.
La cosa interessante, come più volte detto, e come avremo modo di vedere ancora, è che anche l’insegnamento di Gesù, nonché molti scritti neotestamentari, esprimono forti tracce di gnosticismo (si veda soprattutto le tre epistole e il Vangelo attribuiti a Giovanni).
In ogni caso appare evidente che l’elaborazione dottrinale di Gesù non fu una sua originalissima proposta di cui ritenerlo l’unico artefice, ma presenti una relazione complessiva con un contesto che sicuramente già esisteva quando lui entrò sulla scena. Quello che incuriosisce, a questo punto, è cercare d’individuare quali furono le innovazioni, o i “tradimenti” secondo i Mandei, che introdusse Gesù appunto su questa scena. Questo ha a che fare con, e dovrebbe permetterci di comprendere al meglio, quali furono i veri ruoli di figure come Giovanni e Gesù.
Comunque sia, ci stiamo già accorgendo che più approfondiamo questo studio, e più il messia dei cristiani appare sempre meno quello che da duemila anni dicono essere stato.


A PROPOSITO DEI DUE S. GIOVANNI

L’antico simbolismo solstiziale pagano di Giano è stato, ad un certo punto, sostituito da quello cristiano dei due S. Giovanni. Le implicazioni e i significati legati a questo tema sono davvero enormi, per cui ci dovremo, in tale ambito, limitare solo ad alcuni.
Tanto per cominciare bisogna sottolineare come, differentemente dall’apparenza che potrebbe farci accostare il solstizio d’estate alla luce e quello d’inverno all’oscurità, in realtà essi hanno un carattere esattamente opposto dal punto di vista simbolico e, in effetti, non di meno pratico considerando il reale movimento del sole: ciò che infatti raggiunge il suo culmine (solstizio d’estate) può solo decrescere, e ciò che raggiunge il proprio minimo (solstizio d’inverno) può solo aumentare. In altri termini, il primo segna l’inizio della metà discendente dell’anno e il secondo l’inizio di quella ascendente. Questo spiega, dal punto di vista cosmico, l’espressione di S. Giovanni Battista, la cui nascita coincide col solstizio d’estate: “Bisogna che egli cresca (Cristo nato al solstizio d’inverno) e che io diminuisca.” (GV 3,30). Di fatto, comunque, la metà ascendente del ciclo annuale è il periodo “allegro”, cioè benefico o favorevole, e la sua metà discendente il periodo “triste”, cioè malefico o sfavorevole; e lo stesso carattere appartiene naturalmente alla porta solstiziale che apre ciascuno dei due periodi nei quali l’anno risulta diviso dal senso del cammino del sole.
È noto d’altra parte che, nel Cristianesimo, sono le feste dei due S. Giovanni a essere in rapporto diretto con i due solstizi; ed è abbastanza notevole che quel che abbiamo appena analizzato sia in un certo modo espresso dal doppio senso racchiuso nel nome stesso di Giovanni in ebraico. Infatti, la parola hanan, ha sia il senso di benevolenza e di misericordia sia quello di lode; di conseguenza, il nome Jahanan può significare “misericordia di Dio” e anche “lode a Dio”. Ora, è facile rendersi conto che il primo senso pare convenire in modo del tutto particolare a S. Giovanni Battista e il secondo a S. Giovanni Evangelista.; si può dire del resto che la misericordia è evidentemente discendente e la lode ascendente.
Ricorderemo ancora, collegandola più specificamente alle idee di “tristezza” e di “allegria” che indicavamo sopra, la figura folklorica ben nota ma certo in genere poco compresa, di “Giovanni che piange e Giovanni che ride”, la quale è in fondo una rappresentazione equivalente a quella dei due volti di Giano; “Giovanni che piange” è quello che implora la misericordia di Dio, cioè il Battista, e “Giovanni che ride” è quello che gli rivolge delle lodi, cioè l’Evangelista.

simbologia orientale dell'acqua

ITALIA INDIANA ONLUS presso il CENTRO HANUMAN


Dai Veda: “APAHA JOTI. Dove l’acqua la luce.

Il simbolo della vita è la luce, dove l’acqua la luce, quindi la vita,
quando non c’è più la vita, la luce si è spenta.
Quando sopraggiunge la morte diciamo si è spento.
Buddha disse della propria morte: ”La luce si spegne”.
Oggi parliamo dell’acqua, in sanscrito chiamiamo l’acqua APAHA
e JALAM.
In lingua araba AB, in Sardo ABBA.
La A in tutte le lingue del pianeta, è la prima lettera di tutti gli
alfabeti, indica l’inizio. Anche la J significa nascita.
Madre in sanscrito si dice Janani, la nascita Janm.
La L significa la fine. Come in PRALAYA che vuol dire distruzione
del mondo.
La P in sanscrito e la B in arabo (poiché la P non esiste in arabo)
significano ambedue l’allontanamento, l’andare, il dipartire.
Questo gioco linguistico, dà chiarezza al significato metafisico
dell’acqua, e cioè dove la vita ha inizio ed anche fine.
Anche gli scienziati affermano che la vita è iniziata nell’acqua e
tutte le mitologie parlano dell’alluvione come fine dell’esistenza.
(Racconto di Noè nella Bibbia e di Manu nei Veda).



ABE JAM JAM si chiama la sorgente, l’acqua sacra della Mecca.
Prima di entrare alla Mecca occorre purificarsi fuori e dentro con
l’acqua sacra, sempre gli islamici si puliscono l’avambraccio e la
faccia prima di entrare nella moschea.
Tre volte sciacquano la bocca e poi bevono l’acqua pronunciando
“ABE JAM JAM ”. Nella loro leggenda raccontano che l’acqua viene
dal paradiso per purificare la terra.
La prima manifestazione di Dio, avvenne nell’acqua sotto forma di
pesce. MATSYA AVATARA .
Tutte le religioni usano materialmente ed energicamente l’acqua
per purificare sia il corpo che lo spirito.
Prima di qualsiasi rituale, cerimonia o preghiera, utilizzando acqua
proveniente direttamente da sorgenti o fiumi, non passata
attraverso alcun tipo di contenitore artificiale, viene caricata con
l’energia dei sette fiumi sacri chiamati all’occasione dal bramino,
GANGACA JAMUNA SARASVATICA NARMADA
KRISHNA KAVERI BRAHMAPUTRACA SAPTAME

Viene poi recitato un mantra di purificazione:
OM APAVITTRO PAVITTROVA SARVA ASTHAN GATO PIVA /
YA ASMARETI PUNDARIKAKSHA SAVASIJA VIANTARAHA
SUCI//
Purifica questo luogo, questo corpo,
togli tutto ciò che è impuro dall’anima.
Queste parole sono pronunciate lanciando gocce d’acqua tutto
intorno e sul corpo dei presenti.
Il significato di questo rituale di “caricamento dell’acqua” lo
possiamo spiegare così:
geologicamente, tutte le acque sono collegate tra di loro nei
meandri della Terra, poiché questa ha un carattere di memoria, essa
trasporta con sé le energie di tutte le sorgenti e nella fattispecie
quella dei sette fiumi sacri invocati dalla preghiera.
Per cui l’acqua che si trova nella coppa di rame (buon conduttore)
del bramino, riceverà il massimo dell’energia interiore, spirituale
dei sette fiumi, per di più adorati in India da centinaia di milioni di
esseri umani, concentrata nella sorgente da cui questa acqua è stata
presa.
Fisicamente è sempre la stessa acqua, ma dopo la chiamata qualcosa
è cambiato.

Perché sette? Nel nostro corpo abbiamo sette elementi: i DHATU,
elementi costitutivi, ingredienti del corpo, questi sono i nostri sette
fiumi chiamati nell’ ayurveda:
RAS il succo di ciò che mangiamo che genera
RAKT il sangue che crea
MEDA il grasso che compone
MANS i muscoli che formano
ASTHI le ossa che contengono
MAJJA il midollo che vivifica
VIRJA il seme.
Vi è una relazione progressiva tra questi dhatu ovvero, quando
compare un disturbo, questo si ha da risolvere in tutti i dhatu
precedenti per cui, quando il seme non ha più potenza significa che
tutti i sette dhatu sono compromessi. A questo punto solo la Natura
può curare questo disturbo.
Il dott. prof. Foresta dell’Università di Padova ha recentemente
affermato che la popolazione occidentale presenta una grave
patologia e cioè che gli umani hanno perso il 40% delle loro capacità
fecondanti, il seme è dunque diminuito in quantità ed ha perso la
sua potenza, l’unico rimedio suggerito dal professore è di vivere in
un ambiente puro, non inquinato e di adottare abitudini sane per
l’alimentazione ed il riposo.
Tutti e sette gli ingredienti, hanno di base l’acqua che è il loro
veicolo.
Qualsiasi problema fisico è legato all’acqua dei dhatu .
Per curare il problema fisico prendiamo i medicinali con l’acqua,
ma quando questi non sono sufficienti, in ultimo si ricorre alla
fonte.
L’acqua della fonte cura anche l’anima, i sette fiumi della terra si
incontrano con i sette fiumi del corpo e li purificano. E così curano
tutti i mali.
Sette sono anche i punti sensibili chiamati dallo yoga CHAKRA,
quando questi sono puri, non accumulati di emozioni e sentimenti,
siamo in buona salute.
Per ripulire i chakra e liberarci dal peso delle forti emozioni, oltre
che la pratica di tecniche meditative, l’acqua pura della fonte può
essere miracolosa.
7 sono i PRANA energie della vita,
7 sono i corpi,
7 tipi di fuoco,
7 tipi di sacrificio
7 sono i cieli “sono al settimo cielo”
7 sono le note musicali
7 i giorni della settimana.
Perché sette? In sanscrito SAT vuol dire sette ed anche significa
Verità.
Perciò quando conosceremo approfonditamente tutti i 7 esterni ed
anche quelli interni, saremo vicini alla Verità.

TAITTIRYA UPANISHAD II cap. Brahmavalli. Versetto 1.

ETASMA DATMANA AKASHA SAMBHUTA /
AKASHA DVAYU//
VAYOR AGNI/
AGNER APAH//
ADABBHYA PRITIVI/
PRITIVHYA AUSHADAYA//
AUSHADIBHYO ANNAM/
ANNAT PURUSHA//
SA VA ESH PURUSHO/
ANRASMAYA//

Qui si descrivono gli elementi in ordine di apparizione nella
creazione.
Etere aria fuoco acqua terra, sulla terra, con la combinazione di
tutti gli altri elementi compare la vegetazione, questa è cibo, il cibo
crea e mantiene la vita.
La vita è il risultato, il succo di tutti gli elementi precedenti.
Come i sette dhatu anche qui sono sette gli elementi che creano la
vita.
Tutto ciò è stato dimostrato dalla scienza e non risulta alcuna
contraddizione con la logica delle Upanishad scritte millenni or
sono dai saggi in meditazione.
All’inizio l’elemento più apparente era l’acqua.
Geologicamente la Sardegna appartiene alla prima era, è tra le
prime terre emerse quando tutti gli elementi erano presenti nella
loro totalità e nel massimo della loro purezza.
SARDA è la dea della Conoscenza, rappresentata seduta su un
cigno in mezzo all’acqua, tiene in mano i Veda, la conoscenza, in
sanscrito GHIANA (Ghiani è un cognome esistente in Sardegna),
nelle altre mani tiene la Vina (strumento musicale) e una brocca per
l’acqua.
L’acqua della Sardegna, nel suo valore energetico è molto potente,
non solo per curare le malattie, ma anche per purificare lo spirito.

X cap. BHAGAVAD GITA (dove puoi realizzare la presenza
divina).
Krishna dice: “ Io sono in tutte le cose” vers. 20
Nel vers. 31 SROT SA MASMI JANNAVI
“Tra le fonti io sono Jannhavi “ (ovvero Gomuk fonte del Gange).
Perché Krishna dice di essere il Gange? Un fiume adorato da
milioni di persone, da migliaia di anni, carico di questa energia
devozionale di meditazione preghiera yoga.
Di ritorno, per la legge di causa ed effetto per cui al dare
corrisponde sempre un ricevere, tutto ciò che è praticato vicino alle
rive di questo fiume acquisisce una maggiore potenza.
Da non dimenticare il fatto che queste acque scorrono per migliaia
di kilometri dall’alto Himalaya alla pianura vicino a Calcutta e
lungo il percorso sono toccate da un’infinita quantità di erbe
medicinali che offrono le loro qualità guaritrici.
Bere di questa acqua garantisce una vita sana.
Lo stesso vale per il fiume Giordano, dove fu battezzato Gesù.
Per le acque di Lourdes e tante altre.
Gesù ricevette l’energia di tutti i profeti che avevano vissuto sulle
rive di questo fiume.
Solo in questo ultimo secolo gli umani hanno utilizzato i fiumi
come discariche, lasciamo a voi il giudizio e le conclusioni.
La filosofia orientale proibisce di utilizzare l’acqua per bassi scopi,
non è consentito nemmeno sputare nel fiume, solo fiori e preghiere
poiché tutti gli elementi sono sacri e fondamentali per la vita.
Più del 65% del nostro corpo e del pianeta Terra è composto di
acqua dentro sopra sotto ovunque.
Perché l’acqua guarisce? questo 65% può essere guarito da una
qualsiasi acqua pura, ricca di minerali e di erbe, ma non inquinata
chimicamente; quel 35% di rimanenza, è curato dall’energia
spirituale caricata nei pressi di luoghi sacri dove donne e uomini
santi hanno vissuto, pregato, meditato e che la preghiera del
bramino richiama.
Per bramino si intende colui che vive una vita spirituale e che
utilizza il materiale solo per quel che è la propria necessità, sia esso
uomo o donna indipendentemente dalla classe sociale e dal luogo
di nascita.
I fiumi in India sono tutti al femminile, rappresentati da divinità
donna.
Perché secondo la legge di natura, la donna naturale vive
principalmente con il cuore, l’uomo con la mente e per il sesso.
Le sorgenti sono il cuore della Terra.
Anche tra gli elementi, l’acqua è al quarto posto in ordine di
apparizione, come il cuore è il IV chakra.
Una donna ha più facilità nel richiamare le energie spirituali
dell’acqua, non che l’uomo non possa farlo, ma per questi si
richiede un lungo periodo di preparazione per attivare il chakra del
cuore, mentre per la donna naturale è una qualità di nascita.
Si riconosce dalla lingua parlata che la Sardegna è terra di
matriarcato, la frequente presenza della lettera U come finale di
molte parole e soprattutto di cognomi, testimoniano di una vita
passata dove ha dominato l’elemento del cuore, la U è la lettera del
cuore.
Quando pronunciamo AUM queste sono le tre lettere del suono
primordiale.
La A fa vibrare il centro della vita (HARA), la U il cuore la M la
mente.
AUM è il suono da cui tutto ebbe inizio.


SARVE BHAVANTI SUKINA/
SARVE SANTU NIRAMAYA/
SARVE BADDRANI PASYANTU/
MA KASHCID DUCK BAG BHAVET//
Che tutti siano felici, che tutti vivano senza paura,
che tutti siano gentili, che da ogni angolo del pianeta
si allontani il male.
OM SHANTI SHANTI SHANTI

Telti, 8 settembre 2008 Srinivas e Padma Tripathi

simbolismo dell'acqua

Enzo Cangialosi
LA FONTE DI VITA
ESOTERISMO E SPIRITUALITA’ del simbolismo dell’acqua attraverso i secoli


I significati legati all’acqua sono riconducibili essenzialmente a quattro temi, d’altronde strettamente connessi tra di loro e spesso inseparabili: la sorgente di vita, la purificazione, la rigenerazione e la conoscenza. Legate a questi esistono molteplici sfumature estremamente interessanti che avremo modo di analizzare.
Il primo di questi temi è quello che possiamo senza ombra di dubbio considerare universalmente presente in ogni cultura umana di ogni tempo e spazio: l’uomo, infatti, ha sempre riconosciuto nell’acqua l’elemento essenziale e indispensabile senza il quale non vi può essere alcuna forma di vita, spingendosi ad identificare in essa l’origine primigenia di tutte le cose e di tutti gli esseri, l’elemento da cui scaturì la manifestazione.
Questo aspetto è piuttosto delicato da comprendere, e può rivelarsi interessante partire dal racconto biblico per coglierne il significato. Nel Libro della Genesi si legge che “In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.” (1,1-2). In questo momento non vi sono ancora stati i sei giorni della creazione (il settimo Dio si riposò), eppure leggiamo che “lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”; invero, leggiamo anche che “In principio Dio creò il cielo e la terra”. Quale dunque il senso di queste immagini (anche considerando che, nel prosieguo del racconto, si dice che il cielo viene creato il secondo giorno, e la terra il terzo)? È utile sottolineare l’aggettivo “informe” con cui viene qualificata la terra, e in parallelo l’immagine delle tenebre che ricoprivano l’abisso (anche la luce verrà creata il primo giorno), cioè abbiamo a che fare con la condizione in cui vi è l’assenza delle forme, eppure sembra esserci già una materia che appare indistinta, non è identificabile perché in effetti non ha ancora identità; questa materia è dunque la materia prima che Dio modellerà dando origine alla creazione, cioè reca in sé, o meglio costituisce, il germe della manifestazione in tutta la sua totalità. Questo germe è contenuto nelle acque primigenie, su cui aleggia lo spirito di Dio, le quali solo il secondo giorno verranno separate in acque superiori e acque inferiori dando così origine al cielo. È interessante notare come il primo atto di Dio sia la separazione della luce dalle tenebre, la qual cosa permette di poter assistere al trascorrere del primo giorno della creazione (“e fu sera e fu mattina – GN 1,3), cioè a tutti gli effetti viene creato il tempo; ne consegue che lo stato precedente, cioè delle acque primigenie in cui è contenuto il germe della manifestazione, è al di qua del tempo. Aggiungerei come la separazione della luce costituisca il primo atto necessario per procedere dall’indistinto/informe al differenziato (cioè con forma).
Ora, l’immagine biblica ha il suo perfetto corrispettivo nel simbolismo indiano dell’Uovo del Mondo (Brahamanda) che viene covato sulle acque (Prakriti) dall’oca Hamsa che rappresenta lo Spirito, il Soffio divino. Le acque, che rappresentano la totalità delle possibili manifestazioni, si separeranno poi in superiori ed inferiori, rispettivamente contenenti tutte le possibilità informali e tutte quelle formali. Analogamente nell’antico Egitto si credeva che, sotto l’azione di un demiurgo, dall’oceano primordiale (Nun) emerse un monticello sul quale apparve e si schiuse un uovo, dal quale a sua volta emerse il dio Khnum che organizzò il caos primordiale e diede origine agli esseri differenziati.
L’antica identificazione dell’acqua con la sorgente di vita appare ovviamente scontata a partire dall’esistenza reale di tutti i giorni: senza bere acqua gli esseri animali e vegetali (cioè tutti i viventi) muoiono, per non parlare dei pesci che addirittura ci vivono immersi; l’acqua che scende dal cielo sotto forma di pioggia disseta la terra favorendo la nascita di nuove piante e permettendo la sopravvivenza di quelle già esistenti, e, per quanto riguarda in particolare i pastori, di conseguenza fornendo il cibo agli animali erbivori. Potremmo in un certo senso dire che la maggior presenza dell’acqua rende la manifestazione rigogliosa, il che è appunto evidente e tangibile. Non alieno da tutto ciò, nonché dal simbolismo comogonico visto poc’anzi, va considerato l’elemento delle acque dell’utero in cui cresce e si sviluppa il feto: direi anzi che è piuttosto associabile all’idea dell’Uovo del Mondo in un’analogia macrocosmo/microcosmo. Da tutto ciò consegue l’idea generale e basilare che l’esperienza sensibile e quotidiana sia stata decisiva e fondamentale nello sviluppo del simbolismo e nella comprensione spirituale dell’esistenza umana e del suo rapporto con il mondo (inteso come piano dell’esistenza a cui apparteniamo); questa considerazione è da tenere bene presente per ogni altro aspetto legato al simbolismo dell’acqua in cui ci imbatteremo. In effetti, se partiamo da questo presupposto, possiamo accorgerci che in molti casi risulta abbastanza semplice, più di quanto non appaia a prima vista, riuscire a comprendere i veri significati dei simboli e dei miti della creazione. In tal senso, ad esempio, tornando all’immagine della pioggia che scende dal cielo, possiamo accorgerci di come sia plausibile l’idea delle acque superiori . Inoltre, è altrettanto comprensibile come ad esse e alla pioggia nello specifico venisse attribuita una polarizzazione maschile (cioè analogamente, ed ovviamente, celeste; in termini taoisti yang) data la loro natura fecondatrice.
Restando nell’ambito di questo discorso, è interessante notare come diverse esperienze sensibili conducano tutte ad esprimere i medesimi significati simbolici. Pensiamo all’idea complessiva delle acque primigenie, dell’abisso e delle tenebre: possiamo accorgerci come sia facile ritrovare questi elementi nell’immagine dell’oceano, il quale è profondo e allo stesso tempo non permette la percezione reale della propria profondità, profondità oscura in cui si muovono e dalla quale possono affiorare svariate forme di vita che, proprio per questo, paiono provenire da una misteriosa e inafferrabile origine; ma le acque, di tutti i tipi, esse stesse sono elemento senza forma definita, elemento molto particolare nella manifestazione: scorrono, si adattano, fluiscono, eppure alla loro natura informe devono la vita le forme manifeste.
Credo però che sia necessario sottolineare un punto, a partire dal fatto che bisogna ricordare sempre che i simbolismi, proprio in quanto tali, hanno la funzione di fare da tramiti tra diversi piani dell’esistenza; perciò l’immagine delle acque primordiali deve essere intesa nel suo giusto contesto, cioè stiamo parlando di qualcosa, come abbiamo visto, al di qua del tempo e della manifestazione (cioè non è né prima né dopo rispetto a come intendiamo noi questi termini), da cui ne consegue che non sia possibile ritenere queste acque della stessa natura sensibile di quelle che conosciamo noi nel nostro piano di esistenza (il nostro mondo). È altresì vero che la loro natura complessiva (o la loro essenza), se così possiamo dire, sia sì la medesima, e possiamo aggiungere che tutto ciò non esclude il fatto che in termini sensibili la manifestazione del nostro mondo, cioè la prima forma del nostro pianeta e l’origine della vita su di esso, si sia sviluppata analogamente all’immagine della creazione così come la stiamo discutendo . Potremmo dire che la natura di queste acque primordiali e di quanto ad esse annesso non sia effettivamente comprensibile tramite il nostro raziocinio, ma che proprio con l’ausilio dei simboli si possa sperare di coglierla su un piano spirituale; parallelamente, con l’espressione “di quanto ad esse annesso” si intendono elementi quali le tenebre, la luce e l’abisso, nonché il Verbo o il Suono creatore.

Legato all’aspetto dell’acqua quale fonte di vita vi è quello dell’acqua purificatrice. Anche in questo caso traspare in modo evidente il collegamento con ciò che deriva dall’esperienza sensibile in riferimento all’opera di pulizia che è in grado di compiere l’acqua ; da cui ne consegue, in modo piuttosto scontato, la trasposizione simbolica sul piano spirituale dell’azione purificatrice fisica dell’acqua: come questa purifica il corpo, è altresì in grado di purificare lo spirito.
Nel nostro contesto culturale il pensiero va immediatamente alla pratica battesimale cristiana . Ma essa non è certo l’unica nel suo genere: restando nell’ambito del ceppo giudaico-cristiano, possiamo individuare già nella tradizione ebraica un valore purificatorio attribuito all’acqua trasposto in pratiche rituali di vario tipo, cioè la ritualità purificatrice legata all’acqua è culturalmente presente nell’Ebraismo già prima dell’avvento di Gesù; ad esempio, nel descrivere come Salomone costruì il Tempio, la Bibbia riporta: “Fece anche dieci recipienti per la purificazione ponendone cinque a destra e cinque a sinistra; in essi si lavava quanto si adoperava per l’olocausto. La vasca serviva alle abluzioni dei sacerdoti.” (2CR 4,6). L’uso di tali vasche esisteva anche all’epoca del secondo Tempio, cioè ai tempi di Gesù. In un’epoca a lui più vicina rispetto a quella di Salomone, troviamo poi l’interessantissimo sviluppo religioso esseno (o della comunità di Qumrân) proprio in tema di simbolismo e pratiche rituali legate all’acqua. La pratica essena aveva addirittura un carattere quotidiano, dato che il valore della purità rivestiva per la comunità di Qumrân un’importanza centrale ed assoluta, ed essa si realizzava per mezzo di vasche in cui i membri potevano immergersi completamente . L’accesso ai rituali di purificazione costituiva a Qumrân un segno e un/o il momento di appartenenza alla comunità, e in tal senso si denotano delle forti somiglianze con la pratica battesimale cristiana. In un senso generale non si può negare che lo spirito che sta dietro ad entrambe le pratiche sia di fatto lo stesso: stiamo parlando di riti il cui carattere è purificatorio ed espiatorio. D’altronde, la pratica battesimale cristiana deriva esplicitamente da quella di Giovanni Battista, il quale cioè è antecedente all’avvento di Gesù e si colloca all’interno della religiosità ebraica . Giovanni conferiva “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (MC 1,4); secondo i Vangeli, egli accoglieva folle intere ed esse “si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.” (MC 1,5). Di fatto in questo momento non si scorgono differenze alcune tra il battesimo di Giovanni e quello di Gesù (e a dir la verità anche nei pochi cenni che i Vangeli danno della predicazione del Battista non vi sono differenze con ciò che dirà poi Gesù), e in effetti si consideri ad esempio come in AT 2,38 si legge che “Pietro disse: “Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo.” ”; come si vede la funzione del battesimo di Gesù è tale e quale a quella del battesimo di Giovanni.
In un certo qual modo si potrebbe sottolineare come il valore purificatorio dell’acqua diviene, nei contesti fin qui visti, pienamente reale e non semplicemente fittizio, nel senso che davvero la purificazione così ottenuta apre la possibilità di elevare lo spirito ed innalzarsi verso il Regno dei Cieli (per quanto riguarda Gesù) o nei confronti del Patto di Dio (per quanto riguarda Qumrân). È altresì vero che essa da sola non è sufficiente, nel senso che, come appena detto, apre solo una possibilità; essa deve dunque essere accompagnata dalla volontà dell’uomo di non camminare nell’ostinazione del suo cuore e rinnovare la sua vita (Qumrân), o di pentirsi e di compiere la volontà del Padre mio che è nei cieli (Gesù) . D'altronde, a tal proposito rileviamo che nell’Islam la Salat, la preghiera rituale musulmana, può essere eseguita dal fedele in modo valido solo se questi ha compiuto le abluzioni rituali, le quali sono regolamentate molto minuziosamente. Si noti al riguardo la presenza molto interessante delle fontanelle nei luoghi delle moschee.
Legato all’aspetto della purificazione vi è anche quello della rigenerazione che l’acqua reca con sé. Già il battesimo che abbiamo poc’anzi visto offre quest’idea, in quanto essendo un rito che viene conferito una sola volta con lo scopo di lavare i peccati, rigenera letteralmente l’individuo che muore al suo vecchio stato per rinascere a quello di uomo nuovo. Questo significato si apre a tutta un’altra prospettiva estremamente interessante, cioè quella del doppio aspetto benefico e distruttore dell’acqua. In effetti, potremmo dire che come essa genera la vita, o la rigenera mediante purificazione, può essere anche fonte di morte di uno stato vecchio in favore di uno nuovo. In tal senso l’immagine simbolica più significativa è certamente quella del diluvio, che letteralmente distrugge il vecchio mondo per farne rinascere (rigenerare) uno nuovo. Il racconto biblico di Noè ci mostra in fondo il ritorno all’indifferenziato nelle acque che scendono dal cielo (le acque superiori) e ricoprono tutto ciò che già si era manifestato unendosi a fiumi e mari (le acque inferiori), riportando così lo stato del mondo alla condizione primordiale delle acque primigenie. L’arca di Noè è perciò l’equivalente dell’uovo del mondo, in quanto racchiude in sé i germi della futura manifestazione che potrà ripartire quando le acque cominceranno a ritirarsi (cioè in fondo quando nuovamente si separeranno). Ma il simbolismo del diluvio e dell’arca non è esclusivo dell’Ebraismo: basti rilevare il fatto che la vicenda di Noè deriva dal racconto assiro-babilonese dell’epopea di Gilgamesh in cui è incorporata la storia di Utnapishtim, la quale a sua volta si presenta come una redazione dell’ancor più antico mito sumero (precedente al II millennio a.C.) del quale è protagonista il re/sacerdote Ziusudra . Analogamente troviamo nell’Induismo il racconto di Vishnu che ordina a Satyavrata, il futuro Manu Vaivaswata , di costruire l’arca in cui saranno rinchiusi i germi del mondo futuro. Vishnu si manifesta sotto forma di pesce, e sempre sotto questa forma guiderà l’arca durante il cataclisma che segna la separazione di due Manvantara (cicli cosmici) successivi . È estremamente interessante compiere alcune osservazioni proprio riguardo al simbolismo del pesce, il quale appare ovviamente connesso direttamente con quello dell’acqua. Esso è universalmente interpretato come salvatore e rivelatore, e questo non solo ha delle evidenti connessioni con quanto appena visto a proposito di Vishnu e il Manu Vaivaswata, ma ovviamente anche con la figura di Gesù Cristo . Il Cristianesimo ha da sempre rappresentato Gesù come un pescatore e i cristiani come dei pesci (la stessa Chiesa primitiva lo assunse come proprio simbolo); ciò ha delle connessioni con il battesimo nell’elemento dell’acqua: secondo Tertulliano nel suo Trattato del Battesimo, il cristiano che rinasce nell’acqua battesimale è paragonabile ad un pesciolino ad immagine del Cristo. In effetti lo stesso Gesù ha come simbolo il pesce: ciò è provato dalle innumerevoli figurazioni simboliche negli antichi monumenti cristiani, in particolare funerari, e nelle catacombe. Molto affascinante è il fatto che la parola greca per pesce è “ichthys”, ed è stata sempre utilizzata come ideogramma cristiano considerando le sue cinque lettere greche come iniziali di altrettante parole che sono: Iesus Christos Theu Hyios Sôter, cioè Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore. Tutto ciò induce ad interpretare in chiave simbolica e non letterale la descrizione degli apostoli come pescatori. A questo proposito, credo sia possibile recuperare l’origine ebraica da cui si generò il loro utilizzo nell’ambito della dottrina di Gesù, e cioè il Libro di Ezechiele. In particolare, facendo riferimento a EZ 47,1-12, il profeta descrive, all’interno di una visione complessiva della Gerusalemme celeste, un fiume che scaturisce da sotto la soglia orientale del Tempio. Ed ecco cosa dice, tra l’altro: “Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il fiume, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché quelle acque dove giungono, risanano e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Sulle rive vi saranno pescatori: da Engaddi a En-Eglaim vi sarà una distesa di reti. I pesci, secondo le loro specie, saranno abbondanti come i pesci del Mar Mediterraneo.” (EZ 47,9-10).
Il fiume di Ezechiele è analogo alle “acque vive” di Gesù, simbolismo che esamineremo tra poco; di conseguenza è abbastanza semplice individuare nella visione dei pescatori e dei pesci del profeta non solo dei contenuti simbolici, ma, come appunto precedentemente detto, anche la matrice dei corrispettivi evangelici che vanno così a riempirsi di valenze esoteriche. L’accenno alle acque vive di Gesù ci offre lo spunto per affrontare il quarto aspetto generale del simbolismo dell’acqua: quello della conoscenza.

La matrice dell’aspetto dell’acqua legato alla conoscenza è probabilmente da ricercare innanzitutto sempre nell’immagine delle acque primordiali: in quanto contenenti i germi della manifestazione, esse recano in sé già ogni cosa in potenza, che è analogo ad affermare che possiedono la conoscenza di ogni forma che si manifesterà. L’ordine divino, o – se vogliamo non dipendere necessariamente dall’impostazione basata su un dio all’origine di tutto – il disegno cosmico, è per l’appunto già impostato e presente nello stato delle acque primordiali, e in esse contenuto. A tal proposito, possiamo ricollegarci in modo molto pertinente a quanto visto su Vishnu e il diluvio. Abbiamo già menzionato il suo ruolo di rivelatore proprio in relazione all’annunciare a Satyavrata quanto sta per accadere. Ma c’è molto di più: alla fine del cataclisma, Vishnu dona agli uomini il Veda che bisogna intendere, secondo il significato etimologico della parola (derivata dalla radice
vid, “sapere”) come la Scienza per eccellenza o la Conoscenza sacra . Il Veda sussiste perpetuamente, ma tra un ciclo e l’altro è come nascosto, perciò deve essere nuovamente manifestato all’inizio di ogni nuovo ciclo. In relazione col il diluvio di cui stiamo parlando, è oltremodo interessante vedere come il Veda fosse avviluppato nella conchiglia (shanka) che costituisce uno dei principali attributi di Vishnu. Si ritiene che essa contenga il suono primordiale e imperituro, il monosillabo Om, che è per eccellenza il nome del Verbo manifestato nei tre mondi e contemporaneamente l’essenza del triplice Veda .
Parallelamente a tutto ciò, in quanto più genericamente fonte di vita, l’acqua non può non divenire anche fonte delle acque vive che nutrono e alimentano lo spirito. Alcune considerazioni fatte a proposito del battesimo che dona lo stato di uomo nuovo s’inseriscono pienamente in questo discorso. Se l’acqua ha il potere di far morire un vecchio ciclo (sia esso personale o cosmico) e rigenerarne uno nuovo, è evidente che sul piano spirituale ciò equivale ad affermare che l’individuo si eleva lungo il percorso dell’evoluzione dei piani dell’esistenza, la qual cosa non può ovviamente che avvenire tramite una parallela e crescente acquisizione di conoscenza interiore dell’ordine cosmico. Insomma, come l’acqua dona e alimenta la vita del corpo, analogamente dona e alimenta quella dello spirito .
Nei Vangeli troviamo pienamente espresso il simbolismo delle acque vive quali fonte di conoscenza. In particolare possiamo servirci di GV 4,1-42 per approfondire questo tema, la maggior parte del quale è proprio incentrata sul simbolismo dell’acqua. L’episodio di questo brano presenta Gesù che, stanco da un viaggio, si ferma a riposare presso il pozzo di Giacobbe nelle vicinanze di Sicar (presso l’antica Sichem) in terra di Samaria; giunta una donna per attingere acqua dal pozzo, egli le parla e le rivela di essere il messia. In questo dialogo Gesù afferma di poterle dare “acqua viva” (GV 4,10), presentata come “il dono di Dio” (GV 4,10); e precisa: “Chiunque beve di quest’acqua [quella del pozzo] avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.” (GV 4,13-14). È chiaro che Gesù allude ad una conoscenza spirituale superiore, perché conoscenza di Dio, ed è eterna perché viene da Dio (“dono di Dio”) e Dio è eterno, e perché il suo frutto non può che essere la vita eterna presso Dio. L’intero episodio si svolge nei pressi del pozzo di Giacobbe che diviene così il pretesto simbolico dell’intero brano, per cui, anche se non viene detto esplicitamente, è chiaro che le acque vive di Gesù vengono attinte da un altro pozzo diverso dal primo. Nel prosieguo del discorso Gesù afferma che “Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità.” (GV 4,24), per i quali “è giunto il momento, ed è questo” (GV 4,23). Acqua, spirito, conoscenza e verità risultano così strettamente correlati.
Un simbolismo analogo lo troviamo anche nei manoscritti di Qumrân e in maniera molto copiosa. Tanto per cominciare possiamo fare riferimento ad un passo della Regola della comunità già riportato nella nota 5 il quale recita: “dallo spirito santo della comunità, dalla sua verità, è purificato da tutte le sue iniquità (…) nell’umiltà della sua anima verso tutti gli statuti di Dio è purificata la sua carne, aspersa con acque lustrali e santificata con acque pure.” (1QS, III,7-9). L’elemento in questo caso interessante per il nostro tema specifico è il parallelismo tra la verità che purifica “tutte le sue iniquità” e le acque pure che santificano “la sua carne”, il che conferma esattamente quanto stiamo analizzando sul connubio simbolico tra acqua e conoscenza. D’altronde, è altresì ovvio che non si sta parlando di acque vere ma spirituali. Ciononostante, si può qui intuire la base ideale e spirituale della pratica delle purificazioni rituali mediante immersione di cui abbiamo già parlato, e che anche nell’intero passo sopraccitato è presente. Nel corpus qumranico il simbolismo dell’acqua è davvero abbondante; vi è un inno estremamente indicativo in proposito, in cui tra l’altro s’intrecciano altri simbolismi quali “gli alberi della vita” e “la piantagione eterna” che non è il caso di approfondire in questa sede (ci porterebbero troppo lontano). Mi limito a dire che quest’ultima si riferisce alla comunità stessa. Ecco cosa si può leggere in quest’inno: “Perché si è visto ma non si è riconosciuto, si è considerato ma non si è creduto alla fonte di vita, al ruscello che zampilla eternamente (…) Ma tu, mio Dio, hai posto nella mia bocca come una pioggia autunnale per tutti gli assetati e come una fonte di acque vive che non mentirà mai, per aprire i cieli (…) zampilleranno improvvisamente dopo essere state nascoste nel segreto” (1QH, VIII,13-18).
Emerge qui un interessantissimo immaginario dall’acqua che si esprime in modo vario e complesso, in cui si rimanda direttamente a Dio ed alla conoscenza. In particolare si notino espressioni come “fonte di vita”, “fonte di acque vive”, “ruscello che zampilla eternamente”. E’ molto interessante il collegamento con la terminologia della “lingua” che si ha nell’immagine della “fonte di acque vive” che Dio pone nella bocca del giusto, e che si dice “non mentirà mai”. Questo richiamo alla verità ed alla conoscenza ha un’analoga espressione nella “pioggia autunnale per tutti gli assetati”, dove ovviamente questi rappresentano coloro che ricercano Dio. Identica espressione ritroviamo in un altro passo in cui si parla di “interpreti d’inganno e veggenti di menzogna (…) [che] permutando la tua legge, che hai scolpito nel mio cuore, con le parole seduttrici per il tuo popolo: hanno trattenuto dagli assetati la bevanda della conoscenza” (1QH, IV,9-11).
In questo connubio tra il simbolismo dell’acqua e quello della lingua (che rappresenta in fondo un aspetto particolare del legame tra il primo e la conoscenza) è evidente che ancora una volta bisogna risalire al mito della creazione nell’elemento della parola creatrice che differenzia i germi contenuti nelle acque primordiali. A questo proposito è piuttosto interessante analizzare il pensiero dei Dogon e dei loro vicini Bambara, per i quali l’acqua non è solo germe divino ma anche la luce, la parola, il verbo generatore che si materializza nella spirale di rame . Peraltro acqua e parola si fanno atto e manifestazione, che comporta la creazione del mondo solo sotto forma di parola umida, a cui si oppone una metà gemella rimasta fuori dal ciclo della vita nella manifestazione chiamata acqua secca e parola secca. Il dio supremo celeste Am creò il suo doppio Nommo, dio d’acqua umida, principio guida della vita nella manifestazione, ma trattenne le acque secche nei cieli superiori al di là dei confini che diede all’universo. Queste acque secche rappresentano perciò la parola non espressa, il pensiero, sono potenzialità privata della capacità di generare. Nel microcosmo umano la parola secca è rappresentata dal pensiero della prima parola che fu rubata dal genio Yurugu ad Am prima che apparissero gli uomini: essa è dunque la parola di cui questi non sono padroni, cioè la parola indifferenziata che ha a che fare con l’inconscio e col sogno. Di contro Yurugu, essendone lui sì divenuto il padrone, possiede invece la chiave dell’invisibile e dell’avvenire, ed è per questo che il più importante sistema divinatorio dei Dogon è basato su domande rivolte allo sciacallo considerato rappresentazione di Yurugu.
Infine meritano una menzione anche i Mandei, una setta dell’Irak meridionale, i quali ci offrono un altro esempio molto interessante non solo riguardo al tema della conoscenza, ma anche per l’ennesima volta su quanto in realtà i diversi aspetti del simbolismo dell’acqua siano intimamente connessi e difficilmente separabili. Essi si ritengono eredi dell'insegnamento di Y_h_n_ Yahy_, cioè il Giovanni Battista dei cristiani, e l’origine del loro nome deriva dal termine aramaico “manda”, che significa “conoscenza segreta”. In quanto eredi di Giovanni, non ci può stupire scoprire che nella loro religiosità le pratiche battesimali e purificatrici svolgono un ruolo assolutamente centrale. I Mandei concepiscono una divinità suprema, il Mana (“Vita”), da cui dipendono Luce e Tenebre; il mondo delle Tenebre è un’emanazione di Ruha , spirito decaduto che si oppone alla Luce. Da Ur figlio di Ruha sono nati i sette pianeti , i dodici segni dello zodiaco, draghi e demoni, mentre Mana ha generato gli esseri angelici (“m’uthra”) che, unendosi alle Tenebre, hanno dato vita ad Adamo ed Eva.
La discendenza di costoro è così formata da un’anima luminosa contenuta in un corpo tenebroso; la Luce, al fine di far tornare le anime degli uomini in paradiso, ha inviato sulla terra Manda d’Haiyê (“conoscenza della Verità”), il quale ha istruito i credenti per renderli in grado di liberarle (anche il rito funerario ha lo scopo di aiutare il morto a salire verso la Luce). Giovanni Battista viene venerato come colui che ha battezzato proprio Manda d’Haiyê, il salvatore, e come colui che ha istituito la pratica battesimale, che costituisce il rito più importante dei Mandei, e che viene praticato nel nome di Manda d’Haiyê; esistono due tipi di battesimo: oltre alle abluzioni quotidiane, durante le quali l’affiliato si immerge in acqua corrente, detta “il Giordano”, vi è anche un rituale solenne detto “masboth_” che solitamente viene praticato nelle feste principali; dopodiché l’adepto riceve l’unzione di “Olio della Luce”, ed infine partecipa alla mensa comunitaria (“masiqt_”) a base di pane azzimo consacrato e vino misto acqua, che equivale ad un’anticipazione del banchetto escatologico e che reca con sé un valore di perdono dei peccati e di suffragio per le anime dei morti.
Quest’ultimo accenno al vino misto ad acqua richiama, nell’ambito taoista, il significato di misura attribuito a quest’ultima, proprio perché ad un vino troppo forte bisogna aggiungere acqua, anche se si tratta del vino della conoscenza. Per Lao Tze l’acqua è simbolo della virtù suprema (Tao-Te Ching, 8), ma è anche simbolo della saggezza perché è pienamente libera e senza costrizioni, e si lascia scorrere seguendo le pendenze del terreno.

3° FESTIVAL
NATURA DELLA GALLURA 2008
Prov. Olbia - Tempio


2008 La risorsa Acqua: raccolta, uso e simbolismo

Come eventi più rappresentativi per la valorizzazione della cultura naturalistica in Gallura L’A.S.CU.NA.S. di Telti per l’anno 2008 ha scelto:

22-24 agosto
Le Erbe di San Giovanni, raccolta tradizionale per il solstizio d’estate
La lana e la tradizione gallurese: dimostrazione di cardatura, filatura e tintura naturale, in collaborazione col Meoc Museo Etnografico di Aggius
Tessuti ed erbe tintorie di Gallura, Laos e India
esposizioni presentate per la Sagra del Mirto dall’ass. A.S.CU.NA.S presso il Museo Culturale e Naturalistico della Sardegna, Telti

Secondo la tradizione gallurese le erbe di San Giovanni rimandano al solstizio d’estate come momento magico dell’anno che viene celebrato in tutto il mondo da diverse fedi nel giorno di San Giovanni, il 24 giugno, sempre relazionandosi con l’acqua.
Con bagni nel mare o nei fiumi, piuttosto che accordando alla rugiada di quel giorno una particolare energia che si manifesta nell’amplificazione di virtù magiche e terapeutiche di una serie di erbe che crescono sul suolo sardo, l’acqua è l’elemento che apporta il cambiamento.
San Giovanni era detto “il Battista”, usava infatti operare il cambiamento dell’essere umano attraverso il battesimo, un incontro fisico tra l’uomo e l’acqua, grazie alle sue proprietà ed ai significati simbolici che si tramandano ancora oggi nella fede cristiana.
Sono stati svelati leggende e usi di queste particolari erbe spontanee locali, colte ed esposte per questa occasione.



La tecnica della tintura naturale presenta in ogni paese del mondo colori speciali dati dalle erbe spontanee dei diversi climi e geografie, restituendo una varietà e specificità importanti quanto la conoscenza delle piante e una relazione con l’ambiente così equilibrata da non inquinare le acque, i colori vegetali sono infatti dei fertilizzanti naturali.
Il laboratorio “L’Albero Padre” di Aggius ci ha accompagnato in una dimostrazione del lavoro svolto sulla lana dopo la tosatura e la lavatura in Gallura, realizzato con attrezzi tradizionali: la cardatura, la filatura e la tintura con la robbia, la fitolacca e la cipolla.



7 settembre
“Sulla via del Liscia” galleria culturale-artistica su raccolta, uso e depurazione dell’acqua, “Lu frusciu di lu biitogghiu” opera site specific di Giuseppe Mongiello,
col patrocinio del Consorzio di Bonifica della Gallura, Diga sul Liscia, S.Antonio di Gallura

La galleria di Scarico di Fondo alla Diga del Liscia si è trasformata per l’occasione in galleria espositiva.
Dell’acqua, tema del festival di quest’anno e risorsa per noi indispensabile, un uso consapevole nasce dalla conoscenza del ciclo delle acque e gli studenti della scuola estiva di Telti ce lo hanno ricordato in un grande disegno dal titolo “Il gioco dell’acqua” che ha ricoperto un tratto della galleria.



Tra i documenti che accoglievano i visitatori all’ingresso una raccolta di articoli e scritti sulla storia antica del culto delle acque, su usi e costumi della popolazione dei Liscesi che abitavano le sponde del liscia fra le sorgenti e la foce, e racconti sul difficile rapporto con l’acqua dei paesi vicini prima che la diga fosse realizzata.
Non solo curiosità storiche, ma anche sulle condizioni e gli animali delle acque di gallura, sui metodi naturali per un uso equilibrato e consapevole delle acque, per esempio riutilizzandole dopo averle ripulite con le piante come nella fitodepurazione.



L’installazione mix media “Lu frusciu di lu biitogghiu” (Il fischio dell’abbeverata), opera site specific di Giuseppe Mongiello, riempiva lo spazio sonoro a partire dal tronco cavo posizionato, come emblema del primo tubo convogliatore della storia umana, e sinonimo delle cavità dei conci della diga in cui il ronzio è l’ultima metamorfosi del fischio, nel percorso dell’ammansimento delle acque e successivamente degli animali, presso le quali si portavano all’abbeverata.

Grazie al Consorzio di Bonifica della Gallura è stato possibile eccezionalmente visitare le varie parti della diga e, per l’intera giornata, attraversarla.
Ciò ha permesso di poter raggiungere il vicino sito degli Olivastri Millenari presso il quale ha avuto luogo, come ogni prima domenica di settembre, il pranzo tradizionale offerto dal Comitato Amici di S. Giuliano di Luras, e da qui la fonte di San Santino presso il fiabesco bosco e la chiesa a pochi km. da S. Antonio di Gallura.
Con L’ass. culturale Uomo Natura Energia di Palau, che ci ha guidato in questa visita, abbiamo tra l’altro scoperto che da questa fonte zampilla un’acqua con caratteristiche simili a quella di Lourdes, ed abbiamo infine compiuto il tradizionale rito dell’Acqua Silente.





8 settembre
“L’acqua dalla Sardegna all’Oriente”: presentazione da parte degli autori di scritti sul simbolismo dell’acqua. Centro Hanuman, Loc. Baddarana, Telti

Lo scrittore Diego Manca nella presentazione del suo libro “La donna delle sette fonti” ha letto un significativo episodio che rimandava alla responsabilità di ognuno, sempre presente nell’ancestrale cultura sarda.
Allargando i confini alle culture sul Mar Mediterraneo e sul Mar Morto, Enzo Cangialosi con “La fonte di vita” ha toccato dagli Egiziani agli Esseni, scorgendo tratti comuni a tutte le culture circa l’acqua e il mito della creazione, esplorando il significato esoterico e spirituale nel suo simbolismo attraverso i secoli.
“L’acqua nella mitologia orientale: dalle Upanishad ai canti Sufi” è stato l’intervento di Patou e Srinivas Triphati dell’ass. culturale Italia Indiana Onlus di Telti, nel quale magicamente hanno illustrato la complessa cosmologia indiana e curiosi particolari che la legano in qualche modo alla Sardegna.
Gli interventi, organizzati in collaborazione col Centro Hanuman, sono stati ospiti di questo meraviglioso spazio alle porte di Telti.
Nell’ambito del rispetto per l’ambiente si può cominciare col modificare i propri comportamenti a favore di un inquinamento ridotto dal risparmio d’acqua e dall’uso di detersivi biodegradabili, come da una dimostrazione sulle possibilità che in tal senso offrono prodotti di nuova generazione sensibili alle necessità di una migliore pulizia e al contempo alla preservazione delle acque, a cura di Marie Josèe Bibler della Gioiosa di Trinità D’Agultu.

13 settembre
INFRAME, sequenze da films e documenti sull’acqua:
“L’isola nuda”, regia di Kaneto Shindo, Giappone 1961
“The wild blue yonder” (L’ignoto spazio profondo), regia di Werner Herzog, musica di Tenore e Concordu de Orosei, Germania 2005
film-documentari sugli abissi marini

VIDEO-ARTE,
“Frammenti di libertà”, regia di Grazia Dentoni
1° Premio al Concorso di Cinema Indipendente delle Donne 2008, Sardegna

“Terre d’acqua” viaggio nella Sardegna dell’acqua,
regia di Gian Carlo Cao, Sardegna

documentazione per la tutela dell’ambiente:
“Scie chimiche” su Olbia e “Sindrome di Quirra”
documenti sull’inquinamento delle acque in Sardegna,
dal convegno del 24-08-2008 a San Vito (CA), presentazione di Pier Paolo Saba
Museo Culturale e Naturalistico della Sardegna, Telti

Al Museo Culturale e Naturalistico della Sardegna di Telti si è aperta nel pomeriggio la rassegna di documenti video sull’acqua nei suoi diversi aspetti introdotta da Inframe, proiezione delle sequenze di film e documentari indicativi sull’importanza vitale dell’acqua per noi e gli animali dell’ambiente marino.
Con la collaborazione di Bebo Feriè di Monti, specialista nell’allestimento cinematografico nelle piazze galluresi, alla presenza del regista cagliaritano Gian Carlo Cao, è stato proiettato l’interessantissimo film-documentario “Terre d’acqua”, sulla Sardegna dell’acqua.
Dai suoi molteplici usi anche del recente passato, graditi nei ricordi agli anziani e che hanno incuriosito i giovani, passa alle stratificazioni delle opere di raccolta in alcuni bacini artificiali ed al degrado generato dalle alluvioni di varie dimensioni, in contrapposizione alle visioni leggiadre dei più diversi spettacoli naturali acquatici che caratterizzano il territorio sardo, tra miti e leggende.



Ospite tra i lavori di artisti sardi, per Video-arte, il corto tratto da una storia vera, premiato al concorso di Cinema Indipendente delle Donne 2008, “Frammenti di libertà”, per la regia di Grazia Dentoni della ass. culturale Ananchè, Sardegna.

Pier Paolo Saba ha presentato una documentazione dal convegno del 24-08-2008 a San Vito (CA), relativa alla sensibilizzazione sull’inquinamento delle acque e dell’ambiente in Sardegna rispetto al tema delle scie che solo da qualche tempo solcano i nostri cieli. Denominate “Scie chimiche” per le sostanze in esse contenute, ritenute pericolose per la salute, sono fenomeni ancora non spiegati in modo chiaro ed esaustivo dalle autorità, come anche il caso della cosiddetta “Sindrome di Quirra”.

14 settembre
“Saluto al mare”, concerto con partecipazioni da Israele – Argentina
Sasha Agranoff: violoncello, sega e altri oggetti
Pablo Wayne: hang, percussioni e oggetti
per il FESTIVAL ISOLE CHE PARLANO, spiaggia di Palau vecchio

Organizzato dal Festival ISOLE CHE PARLANO, sotto le stelle è stato presentato il concerto sulla spiaggia di Palau vecchio “Saluto al mare”…

fino al 15 ottobre
Nuraghe Cabu Abbas, Tomba dei Giganti, Pozzo sacro “Sa Testa” , Acquedotto romano, Fattoria romana, Mura puniche, siti archeologici con apertura giornaliera e visite guidate, a cura di Cooperativa IOLAO, Olbia

Tutti i giorni fino a metà ottobre sono state disponibili le visite guidate ai siti archeologici di Olbia, gestiti dalla Cooperativa IOLAO, fra i quali ritroviamo opere compiute dagli uomini del passato, notando gli interventi in relazione all’acqua susseguitisi nelle varie epoche e culture secondo un’esperienza che va dalla sensibile rabdomanzia alla raccolta, dal culto delle acque e le sue proprietà curative alla distribuzione razionale.


Si ringraziano inoltre per la collaborazione:

- Comune di Telti

- Consorzio di Bonifica della Gallura di Arzachena

- Bebo Feriè, specialista di proiezioni in piazza, Monti

- Night and Day Trattoria, Pizzeria, B&B, via Manzoni 59, Telti, Tel. 0789 43320

- Gioiosa s.r.l., via Inula, Loc. Costa Paradiso, Trinità d’Agultu, jeanmaryjo@tiscali.it
La vitalità dei siti nuragici


Franco Pez – Ricercatore delle energie della terra
Il presente progetto nasce dalla necessità di dare risposta all’antico quesito se vi sia o no la presenza di forte energia vitale nei siti nuragici della Sardegna, come ci viene tramandato dalle leggende popolari locali. Cosa rappresentavano per le popolazioni di allora questi siti? Esiste davvero energia nei siti nuragici? Questa energia è da considerarsi buona e compatibile con l’uomo? E’ vero che in certi periodi dell’anno qui si officiavano importanti riti di guarigione per l’intera comunità tribale? Il rito dell’incubazione come ci viene tramandato da Aristotele nei suoi antichi testi è la realtà o la leggenda? E’ vero che gli antichi pastori e i guerrieri frequentavano questi luoghi per guarire dalle malattie e dalle possessioni? E’ vero che durante il solstizio di estate si ha un aumento della vitalità del luogo? E ancora, è bene frequentare i siti di notte?
Questi sono alcuni dei motivi che mi hanno indotto ad intraprendere la presente ricerca allo scopo di arricchire le mie conoscenze personali sul magico mondo antico della Sardegna. Pertanto, il mio, vuole essere un viaggio di piacere senza alcuna pretesa di voler dare risposte certe su misteri, che ancora oggi avvolgono le strutture megalitiche del passato. I siti nuragici di cui parlo sono: i Nuraghi, le Tombe dei Giganti, i Templi a pozzo, le Domus De Janas, i Menhir e i Dolmen disseminati sul territorio e particolari chiese cristiane sorte su resti di antichi siti pagani. Per la verità questi siti si trovano su tutto il territorio della Sardegna ma ho voluto sviluppare questo primo progetto in Gallura, nel Nuorese ed in Ogliastra per l’aiuto importante che mi hanno offerto dall’Associazione Culturale Elicriso di Palau, in particolare l’amico Piernando Fioredda e gli amici Antonio Zurru di Nuoro e Giuseppe Piras di Arbatax. E’ dal 1996 che mi avvalgo della loro fraterna ospitalità, che mi permette, per due periodi l’anno, di fare le mie misurazioni ridiestesiche dei megaliti. Essi mi hanno accompagnato per intere giornate a visitare la Sardegna come guide esperte dei luoghi e come conoscitori attenti della storia della Sardegna e delle usanze e credenze popolari che attingono sembra nella storia antica di questa regione. Ho ascoltato i loro linguaggi e dialetti che originano da culture lontane e diverse tra loro. Questa esperienza vissuta assieme a loro è stata bella e importante, ha segnato l’inizio di una serie di studi sui siti nuragici ed ha saldato una collaborazione ed una amicizia che durano ancora oggi e di cui vado fiero. Per le prove energetiche io faccio uso della radionica da utilizzare per rilevamenti sul posto (Radioestesia). Gli strumenti utilizzati per le misurazioni radiestesiche sono:
• l’antenna radiestesica;
• la scala Bovis;
• il sale blu per rilevare le radiazioni nocive;
• fiale test per rilevare i disturbi provenienti dal sottosuolo (Geopatie);
• apparati radionici per misurare a distanza la vitalità dei siti.

La prima tomba che visitai fu quella chiamata “Li Mizzani” vicino a Palau, in Gallura. La struttura di questo monumento funebre è formato da grandi pietre infisse in verticale nel terreno che formano una struttura posteriore a forma di scafo di nave lunga dagli 8 ai 30 metri, per la conservazione dei resti mortali dei componenti la tribù nuragica. Queste pietre (Menhir) venivano sormontate da altre pietre traversali (Dolmen) che a loro volta erano coperte da un tumulo di pietra. Sul davanti invece questi Menhir formano un semicerchio (Esedra) con al centro una pietra molto più grande detta “stele” che presenta in basso un pertugio per l’ingresso nella camera sepolcrale. L’intera struttura vista dall’alto rappresenta schematicamente la testa del toro, con le corna formate dall’esedra semicircolare ed il muso formato dal tumulo funebre. Le misurazioni radiestetiche del sito evidenziarono subito un fatto assolutamente imprevedibile: mentre sul davanti dell’esedra le energie misurate erano vibrazioni buone e di elevata intensità, ai lati in prossimità di un albero di ginepro che si trova a destra della tomba, e sul lato sinistro in prossimità di un muro a secco, si evidenziarono invece energie molto basse e negative per l’uomo.
Piernando, racconta che le popolazioni di allora usavano in particolari periodi dell’anno, utilizzare la tecnica della della “incubazione” che consisteva nel digiunare per cinque giorni e cinque notti distesi sulle pietre dell’esedra in cambio oltre alle guarigioni, responsi sull’esito delle future battaglie, della caccia, della salute e della fecondità ma questo era un compito addetto ai sacerdoti delle tribù nuragiche.
In quell’occasione mi venne data l’opportunità di eseguire un importante esperimento radiestesico e ciò per la presenza sul luogo di due coppie di anziani, provenienti dalla Lombardia. Dopo le presentazioni d’obbligo, ci spiegarono che loro da ben cinque anni frequentavano la tomba dei giganti per curarsi gli esiti di gravi malattie degenerative. Alla mia richiesta di chiarimenti, mi dissero che avendo saputo e letto un libro di uno studioso di energie della terra, il signor Aresu di Palau, avevano voluto provare la cosa ed erano rimasti molto contenti. Approfittai della loro cordialità e chiesi di aiutarmi nell’esperimento. Acconsentirono.
Il mio intento era quello di misurare la vitalità del luogo e nel contempo anche la vitalità dei presenti. Misurai l’energia del terreno antistante la tomba e rilevai una grande energia (Bovis 23000, mentre normalmente un terreno considerato buono ne misura 6500), provai quindi la vitalità dei due coniugi ed anch’essi misuravano Bovis 23000 quindi si erano ricaricati dell’energia del luogo. Di questa esperienza fatta a Palau ne parlai con l’amico Giuseppe Piras di Tortolì; mi portò in visita ai Menhir del territorio tra Tortolì e Barisardo. Visitammo alcuni nuraghi e tombe di giganti, ma quello che più mi ha colpito sono state le rivelazioni sui Menhir di Perdalonga.
Questi sono cinque enormi pietre, quattro delle quali sono infisse nel terreno, una è divelta e giace in terra con accanto un betilo dentellato. Delle quattro ancora in piedi, tre si trovano allineate tra di loro, alla distanza di m.13 circa, e una è discosta di m.50, verso sud-ovest. Per prima cosa misurai con un rilevatore elettronico se i Menhir, che normalmente sono dei monoliti di granito, se emettono onde ultrasoniche. La prova fu negativa. Verificai inoltre che questi erano allineati sull’asse terrestre in direzione Nord – Sud. Ma mentre usavo la bussola, notai uno scatto dell’ago di 30° verso Est, ogni volta che transitavo sulla linea di congiunzione dei Menhir.
Praticamente le pietre infisse spostavano l’orientamento dell’asse terrestre di 30° perché? Forse la pietra granitica emette un suo campo magnetico che interferisce con quello terrestre? Feci la prova della vitalità e notai che le pietre erette emettevano energie, mentre quelle distese ne erano prive. Questo indica, senza ombra di dubbio, il punto dove sono posizionate le pietre-energia che, a loro volta, gestiscono in qualche modo. Ho rilevato inoltre che l’energia dei Menhir non è compatibile con l’uomo e pertanto è da considerarsi negativa. Infatti con l’antenna radiestetica e con test geopatici verificai una cosa molto importante, cioè che tutti i Menhir sono posizionati esattamente sui Nodi di Hartmann, che noi sappiamo essere punti pericolosi (1° Rete a griglia globale).
Cosa sono i nodi di Hartmann? E una struttura elettromagnetica a forma di rete attorno al globo e funge da conduttore delle correnti elettriche della ionosfera e del magnetismo terrestre. E’ un sistema ortogonale di onde permanenti, orientato sull’asse Nord-Sud e Est-Ovest con maglie che formano rettangoli di circa 2x2’5 m. di lato e i cui punti di incrocio hanno preso il nome di Nodi di Hartmann in onore al suo scopritore. Si tratta di energia di provenienza cosmica originata dal sole. Può avere, in determinate condizioni del sottosuolo (Geopatie), effetti malefici sul mondo animale e vegetale. Ma ciò che più mi stupì fu che quando un nodo di Hartmann, è spostato dal suo normale allineamento, anche il Menhir è spostato, tanto da rompere le righe con gli altri. Questo ci pone un quesito al quale non è facile rispondere. Due sono le possibili spiegazioni: o gli antichi conoscevano quetsi reticoli energetici terrestri e li utilizzavano per piantare i loro Menhir e creare così una rete di trasmissione delle energie, oppure il Menhir stesso ha il potere di attrarre a sé i nodi di Hartmann presenti sulla superficie per potenziare la sua azione di antenna cantatrice delle forze cosmo telluriche della terra. Comunque sia, lo scopo e gli effetti dei Menhir sul territorio ci restano ancora del tutto sconosciuti.
Già nel 1998 ho avuto la fortuna di visitare assieme a Piernando Fioredda la Chiesa di San Giorgio nell’agro di Palau e ne ho potuto misurare le energie vibratorie e la vitalità del luogo. Piernando mi spiegava come in quella chiesetta di campagna, nel giorno del santo patrono, si celebra ogni anno una gran festa popolare. Prima di introdurci nella chiesa, con grande rispetto delle tradizioni, lui bussa tre volte sulla porta. Appena dentro siamo stati presi da un gran senso di quiete e di serenità. Nella penombra appena rischiarata dalla fioca luce che cadeva dall’alto da due piccole finestre laterali, si intravedeva l’altare con effige del santo, due candelabri, una doppia fila di banchi, l’acquasantiera e niente più. Mi ricordo che stavo seduto lì molto volentieri; in quel silenzio ovattato udivo i bisbigli di Piernando che con voce magica spiegava come l’attuale chiesa sorgeva su precedenti chiese cristiane, e ancor prima su siti precristiani e addirittura su siti preistorici.
Che tutta quella zona era famosa fin dalla antichità per la grande energia presente e che anche le piante del posto crescono in modo più rigoglioso e imponente della norma. Che lì, sotto il pavimento nei pressi dell’altare, c’erano sepolte le ossa dei fondatori della chiesa. La cosa mi incuriosì così tanto che tirai fuori dalla mia borsa di lavoro, fedele compagna dei miei viaggi, gli attrezzi del mestiere. Con l’antenna radiestesica e con il test di rilevamento “resti umani” andavo avanti e indietro per la chiesetta senza trovare nulla che indicasse la presenza di reliquie umane. “Strano – disse Piernando – eppure so per certo che queste ossa furono riesumate e poi chiuse in un cofanetto metallico e riposte sotto il pavimento dell’altare” che lui chiama in dialetto Gallurese “La Losa”. Allora capii: il metallo del contenitore nascondeva il segnale radiestesico delle ossa. Riprovai allora con il test rilevatore di “metalli” e dopo appena due prove, davanti all’altare sul lato destro, l’antenna mi segnalò la presenza di metalli sotto il sottosuolo.
Misurai la vitalità della chiesa che mi diede un valore di Bovis 39.000 (molto alto considerando che un fabbricato normale in buona salute ne misura 6500). Successivamente Piernando, da ottimo fotografo naturalista qual è, fece delle foto all’interno della chiesetta, ignaro di ciò che sarebbe successo al momento dello sviluppo della pellicola. La fotografia che poi mi diede, che con il suo gentile permesso pubblico, fu stupefacente.
Si vedeva chiaramente nella penombra, una colonna di luce che saliva verso il tetto, poi stranamente si piegava a 90° ed usciva all’aperto attraverso il muro. Ma ancora più incredibile è il fatto che il fascio di luce fuoriusciva proprio dalla zona del pavimento dove è sepolta l’urna, precisamente sotto l’altare. Questa foto, con il negativo, è stata analizzata in un laboratorio specializzato di Milano, che ha documentato la sua veridicità e la totale assenza di “trucchi” fotografici. Ci spostammo poi, attraverso un sentiero, che serpeggia tra grandi massi di granito e spiazzi erbosi, carichi di fiori coloratissimi, dono gradito di questa terra di Sardegna. Raggiunta una grande radura, Piernando ci allietò con la descrizione delle piante arbustive tipiche della zona e dei suoi benefici che ne traevano un tempo, i pastori che le usavano come medicamento.
Ci parlò del comportamento degli insetti e delle nidificazioni degli uccelli, che lui conosceva molto bene per averli studiati nei suoi safari fotografici. Notai come gli arbusti di lentischio crescono qui molto più esuberanti che altrove, favoriti dalla grande vitalità del posto. E così parlando, ci addentrammo in una fitta macchia di corbezzolo e lecci che nascondevano alla vista, l’ingresso appena dentro, ci guardammo attorno si sentiva a fior di pelle l’importanza del posto, perché istintivamente tutti abbassarono il tono della voce come avviene sempre all’interno dei luoghi di culto. Grandi pietre ostacolavano il nostro percorso. Alcune presentavano incisioni e tagli e fessurazioni chiaramente di origine umana. Piernando diede delle supposizioni sull’utilizzo degli uomini primitivi di simili artefatti e sul significato di alcuni simboli incisi sulla roccia. Scattai delle foto del posto e misurai la vitalità del luogo (Bovis 600.000 incredibile) Notai che questa energia, pur risultando “buona”, era troppo forte e questa poteva anche non essere sopportata da tutti. Appena più avanti, in un anfratto della grotta, ci mise tutti in fila (eravamo cinque persone tutte adulte), posizionati con la faccia verso l’interno; ci disse di sollevare le braccia in avanti e di distendere le dita, di stringere leggermente gli occhi, come avviene come quando si rimane abbagliati da una forte luce e poi di osservare quello che succedeva. Dopo un attimo di adattamento, con grande meraviglia di tutti, potemmo osservare uno spettacolo inconsueto:
da ognuna delle dita usciva un raggio luminoso, ben visibile poi ad occhi aperti. Dopo i primi momenti di sorpresa, ci divertimmo a far sciabolare, nella penombra della grotta, i fasci di linee movendo aritmicamente le dita.
Riunendo le due mani, i fasci di luce si sommavano tra di loro, diventando un fascio più consistente. Che cosa era avvenuto? Secondo me, in presenza di tanta energia, in questi siti particolari è possibile che il campo visivo umano possa “allargarsi” e permettere così all’occhio di vedere particolari immagini che normalmente non si percepiscono. Che cosa siano poi quei fasci di luce che escono dalle dita, non si sa. Molto eccitato dall’avvenimento, scattai delle foto del luogo e prelevai un piccolo frammento di roccia per eseguire poi degli esperimenti di verifica a casa mia.

CONSIDERAZIONI FINALI
Dai dati ricavati si evidenzia quanto segue:
1 – La Tomba dei Giganti rappresenta in contemporanea le due energie, quella positiva nell’esedra e quella negativa ai lati. Ma mentre la negativa è costante, sia di giorno che di notte, l’esedra rimane praticabile solo nelle ore diurne, mentre diventa negativa di notte. Nel giorno di San Giovanni, il 24 giugno, nell’esedra si ha il raddoppio dell’energia, che poi riscenderà ai suoi livelli normali.
2 – I Menhir sono posizionati sempre sui Nodi H., ricevono e spostano l’energia a similitudine degli aghi in agopuntura. Spostano l’asse magnetico terrestre, non sono compatibili con l’uomo.
3 – La vitalità del luogo condiziona anche la vitalità delle persone presenti.
4 – Le energie negative e quelle positive possono coabitare nello stesso luogo.
5 – La chiesa mantiene sia nelle ore diurne che notturne la sua alta energia che viene raddoppiata il giorno di San Giovanni, 24 giugno. La grotta della luce ha una elevatissima energia ma solo nelle ore diurne, mentre la notte diventa particolarmente negativa, pertanto è assolutamente pericoloso frequentarla di notte. Aumenta dal 26 giugno la sua energia fino a raggiungere il suo massimo di 770.000 Bovis, il giorno di San Giovanni, per tornare ai suoi livelli tradizionali il 29 giugno giorno di San Pietro.


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